venerdì 30 novembre 2018

“Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa” di Luis Sepúlveda: una storia dal lontano Cile tra leggenda e realtà


Mi sembrò molto strano il comportamento degli uomini in questo loro incontro in mare. La minuscola sardina non attacca un’altra sardina, la lenta tartaruga non attacca un’altra tartaruga, il vorace pescecane non attacca un altro pescecane. A quanto pare gli uomini sono l’unica specie che attacca i propri simili, e non mi piacque questa cosa che imparai da loro.”
Solamente Luis Sepúlveda poteva far parlare una balena bianca e che voce le affida! Una voce che viene da lontano, dal Cile, lo Stato che lo vide nascere e crescere, il Paese che gli trasmise antiche leggende e tradizioni mai dimenticate.

Grazie al nonno e allo zio sviluppò l’amore per la lettura che l’ha portato ad essere uno splendido scrittore ed è da una delle letture più amate, il “Moby Dick” di Melville (pubblicato nel novembre del 1851) che a sua volta prende spunto da una storia vera, che nasce la storia di cui vi voglio parlare.

Avete mai sentito parlare dell’isola cilena Mocha? E di Mocha Dick?

Mocha Dick era un capodoglio albino ed è il protagonista narrante di “Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa” (Guanda, novembre 2018), l’incredibile storia dell’incredibile balena che viveva nei mari circostanti l’isola dalla quale prende il nome. 

Una balena unica nel suo genere, molto intelligente e curiosa. La Gente del Mare la conosceva bene e rispettava e tutto andava bene prima che arrivassero i balenieri da ogni parte del mondo. La vita degli abitanti del mare cambiò in quel momento e Mocha Dick, che proteggeva il suo mondo, non capiva cosa accadesse ma dovette ricredersi sugli uomini e rispondere con la stessa aggressività e crudeltà con la quale agivano loro, con tutto il dolore che questo le portò.

Mocha Dick è la voce di racconti senza tempo, di un presente doloroso, di un futuro incerto. La sua voce è lontana e saggia, ci parla con amore e dolcezza per voi divenire triste, sconsolata, arrabbiata. 

“Gli uomini: così piccoli eppure così implacabili come nemici, pensai, ma nell'occhio dell’anziano capodoglio vidi che sulla costa, oltre l’isola Mocha, c’erano uomini diversi, chiamati lafkenche o Gente del Mare. Loro prendono dalla riva il necessario per vivere e ringraziano la generosità del mare celebrando un rito antico.”
Luis Sepúlveda, © Rebecca Mais

All'improvviso la rivoluzione, la rabbia travolge tutto e tutti, impossibile provare un sentimento differente di fronte alla ferocia dell’uomo.

Ma ci sono anche il mare con i suoi spettacolari abitanti, le altre balene e quegli occhi, così piccoli rispetto al resto del corpo, che racchiudono tutte le memorie del mondo.

Un inno alla natura, alle sue creature, una storia che insegna il rispetto nei confronti di coloro che abitano questa nostra Terra, compresi noi stessi.

Solo pochi giorni fa si parlava di una baleniera giapponese in viaggio verso l’Antartide con l’obiettivo di catturare e uccidere oltre trecento balene. E allora ci chiediamo: perché? Per una inesistente ricerca scientifica? Per proporre piatti a base di carne di balena o strani intrugli frutto della superstizione? Perché dare vita a continue sanguinose stragi senza senso?

Ancora una volta Sepúlveda ci regala una storia bellissima, con la sua scrittura sempre delicata ma incisiva, una favola, purtroppo reale, che spero doni una sensibilità nuova ai più piccoli e nuove consapevolezze ai lettori più grandi.

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mercoledì 28 novembre 2018

“Per prendersi una vittoria” di Marco Giuli: quando il destino è più forte di ogni volontà

Per prendersi una vittoria, Marco Giuli

“Era dolore quello che provava? Probabilmente si, anche se era sicuro che fosse più un mix di rabbia e disperazione. Non doveva andare così. Destino infame a volte ingannatore. La radio muta come a rispettare il silenzio voluto da Marco e i finestrini alzati per non far uscire il dolore. Poche auto viaggiavano nel senso contrario al suo e Marco provò un senso di invidia per loro. Non avrebbe saputo spiegarlo, ma era come se quello fosse il lato di strada buono e ora stesse percorrendo il tratto malvagio.”
Marco e Mattia, due amici romani, due ragazzi come tanti che decidono di partire per Liverpool per quella partita di Champions League che sperano veda vittoriosa la loro Roma. Uno dei due, Mattia, è costretto su una sedia a rotelle per una grave malattia ma questo non li ha fatti desistere dall'idea di salire sul Maggiolino di Marco e percorrere quella lunga strada per godersi la partita di calcio, godere di quello spettacolo e soprattutto della compagnia reciproca, lontano da tutto e da tutti. Non sanno però che il destino ha in serbo uno scherzo imprevisto, qualcosa che non avrebbero mai immaginato.

“Per prendersi una vittoria” è il racconto lungo, l'ultima pubblicazione, del romano Marco Giuli (noto per essere l’amministratore della pagina Facebook Stephen King talia, con quasi 10.000 followers), un racconto on the road nel quale l’amicizia tra i due protagonisti è centrale e tramite la quale viene rivissuta l’intera, seppure breve, esistenza dei due, tra gioie e sofferenze. 

Ci sono le incertezze di Marco e il supplizio di Mattia, costretto da troppo tempo su quella sedia e con il cuore oppresso da una storia familiare mai risolta.

"Sono stufo di questa vita lo capisci? Sono stufo di te, di mia madre, sono stufo delle medicine che che prendo senza vedere mai un briciolo di miglioramento, sono
Marco Giuli
stufo di essere sempre dipendente da qualcuno o da qualcosa, sono stufo del sangue che esce dal naso, stufo di nasconderlo, stufo dei vomiti improvvisi che mi vengono, anche nel cuore della notte e mi sveglio pensando di morire annegato nel mio stesso vomito. Ma che vita è questa?"

Ci sono le loro speranze, l’amore e la voglia di vivere appieno ogni momento, senza pensieri e senza costrizioni. 

Peccato si metta in mezzo una forza superiore, quella che chiamiamo fatalità, alla quale i ragazzi non possono fare altro che sottomettersi.

Un racconto scorrevole con una bella copertina, una scrittura piacevole e dallo stile riconoscibile che può però ancora essere arricchita con l’aggiunta di maggiori dettagli che rendano le storie di tutti i protagonisti ancora più legate senza il timore di perdersi.

Una bella lettura per i momenti sotto le coperte con la consapevolezza che neppure queste saranno sufficienti per scacciare il brivido finale

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Sito Internet Marco Giuli qui



lunedì 26 novembre 2018

“Il ricordo” di Henri de Régnier: un intrigante inedito dell’aristocratico scrittore e poeta francese

Il ricordo, Henri de Régnier

“Quando arrivai a Esparnan, ero molto malato. Mi erano state raccomandate le acque di quella stazione termale dei Pirenei, e io mi ero deciso, senza peraltro fidarmi più di tanto, a seguire le prescrizioni del medico. Temevo proprio che nessuna cura potesse aver ragione dello stato di estrema depressione nervosa che avevano prodotto in me certi avvenimenti intimi sui quali è inutile insistere. Tutto ciò che posso dire è che ne avevo profondamente e crudelmente sofferto, e nel ricordo la ferita era ancora aperta, nel punto più sensibile di me stesso.”

Ci sono piccole case editrici che si occupano di grandi autori e pubblicano perle della letteratura mondiale. Una di queste è la pistoiese Via del Vento Edizioni, fondata nel 1991 da Fabrizio Zollo con l’intento di pubblicare testi inediti e rari di grandi letterati italiani e stranieri del Novecento. Da allora sono innumerevoli i testi pubblicati e le collane sono oggi ben quattro (due delle quali cessate di recente).

“Il ricordo” (novembre 2016, collana «Ocra gialla», testi inediti e rari del Novecento, cura e traduzione di Angela Calaprice), libretto di pregiata fattura, edito in sole duemila copie singolarmente numerate, è una raccolta di tre racconti dello scrittore e poeta francese Henri de Régnier (1864-1936), tra i fondatori del simbolismo e del verso libero (e marito della poetessa Marie de Heredia nota con lo pseudonimo maschile di Gérard d’Houville utilizzato per le sua pubblicazioni), inedito in Italia.

“Il ricordo”, “Il ritorno dei Re Magi, “Il segreto della felicità” sono racconti di fantasia che non si distaccano però completamente dalla realtà, il primo e il terzo in particolare.

Ne “Il ricordo” un uomo ricorda con sofferenza la donna amata, propensa, ahimè, al libertinaggio. Un amore che lo porta alla perdita di quella felicità tanto agognata. Impossibile non ricollegare il racconto alle vicissitudini personali dell’autore.
Henri de Régnier

“Il ritorno dei Re Magi” presenta questi tre personaggi in maniera inedita, tre re sì, ma tre uomini con aspirazioni, vizi e difetti che compiono il viaggio di ritorno a casa dopo aver incontrato il Figlio di Dio.

“Il segreto della felicità” completa la racconta con la storia di due fratelli segregati dal padre califfo i quali, quando il padre muore, si ritrovano con una libertà che non è fonte di felicità come avevano sempre immaginato. Il fratello minore decide così di intraprendere un viaggio alla ricerca di questa misteriosa felicità.

“Chi avrebbe detto, quando eravamo prigionieri di nostro padre, che la sua morte non sarebbe stata per noi l’inizio della felicità? Non desideravate voi forse il potere? Non desideravo forse io la libertà? Ora voi siete potente e io libero, ed ecco che, se voi vi lamentate della vostra sorte, nemmeno io sono contento della mia.”

Potremmo dire che la felicità è il filo conduttore dei tre racconti, quella ricercata dai diversi protagonisti e chissà, forse dallo stesso Henri de Régnier.


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venerdì 23 novembre 2018

“Il bambino con le oche”, testi di Arianna Saviolo, illustrazioni di Dung Ho: un viaggio per il mondo alla scoperta di Madre Natura

Il bambino con le oche, Arianna Saviolo

“Arrivati di fronte a una montagna chiamata Uluru, il bambino restò a bocca aperta: tutte le sfumature di arancione adornavano quell’enorme roccia che sembrava sorgere direttamente dal cuore della madre Terra. Un bambino dalla pelle scura e con gli occhi più profondi dello spazio cantava alle stelle. Il bambino e le oche ringraziarono i canguri per il passaggio e silenziosamente s’avvicinarono al nuovo amico.”
Un bambino che viveva vicino ad un bellissimo lago un giorno prese undici bei sassolini e li mise ordinatamente uno accanto all'altro. La notte sentì dei rumori e quando si avventurò per capire di cosa si trattasse scoprì che quelle pietre erano in realtà delle uova! Da queste vennero fuori undici bellissime oche, le compagne perfette per avventure in giro per il mondo.

“Il bambino con le oche” (Nuinui, settembre 2018) è una piccola opera d’arte, per la storia raccontata da Arianna Saviolo e per le illustrazioni di Dung Ho che sono davvero bellissime.

Ricordate “Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson” di Selma Lagerlöf, la storia del bambino che sorvola la Svezia sul dorso di un’oca selvatica? 

“Il bambino con le oche” lo ricorda ma in questo caso il bambino vive nei nostri tempi, ha persino il computer e naviga su Internet. Ma quando viaggia lo fa in compagnia delle sue amate oche, che lo seguono come fosse la loro madre, e con le emozioni e i nuovi amici conosciuti lungo la strada.

Il loro è un vero e proprio viaggio nel mondo, dall’Australia all’America, dall’Oceano
Atlantico al Pacifico. In ogni luogo ci sono nuove persone, nuovi animali, nuove usanze e soprattutto nuove esperienze sotto un cielo unico e all’insegna della Natura.

“Nomade è qualcuno che è sempre libero, sempre in viaggio, sempre pronto a esplorare il mondo.”

Il rispetto dalla natura viene prima di tutto e il bambino, così come i piccoli lettori, impara quanto sia importante amare ogni cosa e non limitarsi alle apparenze.

Un libro da leggere, da sfogliare più e più volte, per sognare, per incantarsi di fronte ai bellissimi disegni, per volare verso nuovi mondi e amare ancora di più le bellezze della natura che circondano tutti noi.

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mercoledì 21 novembre 2018

“Preghiera del mare” di Khaled Hosseini: un messaggio universale di speranza ed amore contro le guerre

Preghiera del mare, Khaled Hosseini

“Ma quella vita, quel tempo, ora sembra un sogno persino a me, come un brusio che svanisce in lontananza. Prima ci sono state le proteste, poi l’assedio. Il cielo che sputava bombe. La fame. I funerali. Sono cose che conosci.”
Ci sono libri pieni di parole che non dicono poi tanto e non lasciano grandi tracce alla fine. Altri nei quali bastano poche pagine per trasmettere un messaggio forte che resta nella mente e nel cuore del lettore.

Tra questi ultimi vi è “Preghiera del mare” (SEM, 2018, prefazione di Roberto Saviano) di Khaled Hosseini (“Mille splendidi soli” e “E l’eco rispose”) lo scrittore e medico afghano naturalizzato statunitense sempre molto sensibile a determinate tematiche.

In questo suo nuovo libro si parla di guerra, di migrazione, di terre ferite, di mare tanto immenso quanto terribile ed oscuro.

Ci sono le parole di un padre che scrive una lettera, una preghiera al figlio. Si tratta di un padre che ha paura ma che al tempo stesso spera in un futuro differente per la propria famiglia.

Le sue parole ricordano il passato, divenuto ormai evanescente, ripercorrono il terribile
Khaled Hosseini
presente fatto solamente di incertezza, e fanno intravedere un futuro di attesa.

Le illustrazioni di Dan Williams completano questo splendido lavoro circondando le parole e rendendole ancora più forti e dolorose.

Quella di “Una preghiera del mare” è una storia che viene da lontano ma che sempre più si avvicina a noi e ci riguarda in maniera profonda ed intima.

Poco più di cinquanta pagine che feriscono, commuovono, che ricordano quelle guerre infinite in diverse parti del mondo e quelle persone che si trovano costrette ad abbandonare tutto per un qualcosa che chissà cosa sarà, se vita ci sarà ancora…

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lunedì 19 novembre 2018

“Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare” di Costanza Rizzacasa d’Orsogna: una storia di diversità dal sapore fiabesco


“Milo rise a quella richiesta un po’ paradossale, ma acconsentì e finse di grattargli la chela. Che coppia facevano a guardarli, pensò il pescivendolo: il gattino che non sapeva saltare e l’astice senza una chela. Disabili e speciali. Pensò che gli occhi degli animali sono innocenti come quelli dei bambini: non colgono la diversità perché non hanno pregiudizi. Pensò che gli animali, come i bimbi, guardano il mondo con occhi puliti. E che la diversità è tutta nella testa degli adulti.”
Tanti di voi leggendo questo titolo penseranno ad una delle tante favole con protagoniste un gatto, un po’ in stile Sepúlveda (che adoro!) ma non è per nulla così.

Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare” (Guanda, collana Le Gabbianelle, ottobre 2018) è la bellissima storia di Milo, gattino nero nato per strada e troppo presto rimasto
Costanza Rizzacasa d'Orsogna
senza madre. Un gatto nero non è visto di buon occhio con tutte le superstizioni che ancora girano, se poi non riesce neppure a saltare e cammina tutto sbilenco peggio che mai! 

Ma un giorno una ragazza decide di adottarlo, proprio come se fosse un figlio e lei diventa la mamma umana di Milo, piccolo gatto disabile che ama definirsi speciale perché non fa nulla come gli altri e di questa ‘diversità’ ne fa una forza. Non sarà semplice né immediato e saranno in tanti ad amarlo e spronarlo, dal gabbiano Virgilio, sempre per il cielo in cerca di cibo, il riccio Giulia, lo scorpione G-Attila, la mucca Arianna e persino l’astice senza chela!

Costanza Rizzacasa D'Orsogna è riuscita a creare una storia bellissima che non è uscita fuori dal nulla ma è nata con il suo blog e grazie a Milo, il suo gatto, perché Milo è realissimo e la sua ‘mamma’ non ha fatto altro che dargli voce. E che voce!

Ci si emoziona in ogni pagina perché è Milo è così piccolo e indifeso e ogni novità è una grande scoperta per lui e noi lettori ci identifichiamo in quello scricciolo conscio delle sue difficoltà, sempre pronto a superarle.

“Chissà cosa voleva dire quella parola che non aveva mai sentito, pensò intanto il gattino. Disabile, di-sa-bi-le. Erano queste le parole che lo definivano, disabile e nero? Gli sembrò come una condanna.”

Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare
Le illustrazioni di Giacomo Bagnara contribuiscono alla bellezza di questo libro, è sufficiente osservare la copertina per innamorarsene!

Storia di Milo, il gatto che non sapeva saltare” è una storia di diversità davvero attuale, ci sono gli animali abbandonati, le superstizioni, ci sono i migranti, la bellezza di Roma e della Sicilia, c’è il punto di vista di un micetto disabile che nel suo piccolo cambia le cose e si mostra più altruista di quanto avremo mai potuto pensare.

Un gatto sensibile che parla e comprende cosa dicono gli umani, uno di noi in fondo, o forse semplicemente ciò che noi potremo essere abbattendo le barriere e mostrandoci più interessati a chi e a ciò che ci circonda.

“Il gattino era molto sensibile, ma a quella domanda proprio non riuscì a rispondere. Non sapeva perché alcuni animali, per gli umani, erano di serie A e altri di serie B. Ma soffriva per l’amico e non voleva s’intristisse.

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mercoledì 14 novembre 2018

“Leone” di Paola Mastrocola: una storia senza tempo tra poesia, desideri e voglia di rivalsa

Leone, Paola Mastrocola

“Adesso era una di quelle mamme che aspettano i figli davanti a scuola, com'era stato possibile? Era questo stupore che andava a godersi ogni volta, il martedì. Lo vide uscire tra gli ultimi, correva piano, quasi al rallentatore. Guardava ovunque tranne che davanti, dove l’avrebbe vista. Sempre così. Spaesato, perso. Un bambino che sembrava essersi perso di notte nell’era dei dinosauri. O era solo la sua apprensione di madre?”
Leone, un nome importante simbolo di forza e coraggio, ma il nostro Leone coraggioso non lo è per nulla né gli interessa esserlo. Leone ha sei anni, frequenta la prima elementare e ha una mamma giovane, Katia, che si è separata dal marito e lavora sempre. 

La nonna materna di Leone da qualche mese non c’è più e lui ne sente tanto la mancanza ma è un bambino che pensa tanto e così a volte preferisce tenersi dentro le cose e non dirle a nessuno. Un giorno però accade che la madre vede Leone pregare in strada, in mezzo alla gente, come se niente fosse. Perché Leone prega? E da quanto tempo lo fa? Che vergogna per quella madre sempre così discreta… E se poi arrivasse addirittura un diluvio universale in versione ridotta ma altrettanto sconcertante?

“Leone” (Einaudi, ottobre 2018) è l’ultimo romanzo della torinese Paola Mastrocola, una storia dal sapore fiabesco ricco di quella delicatezza che permea da sempre la sua scrittura.

Leone è un bambino delizioso, timido come tanti ma molto più maturo della sua età. Adora la madre ma si rende conto che non sarebbe in grado di comprendere alcuni suoi ragionamenti, inoltre lei è sempre così indaffarata e ha dimenticato cosa significa godersi la vita.

Perché la madre si agita tanto nel vedere Leone pregare? Forse non lo faceva anche lei da
Paola Mastrocola
piccola?

Katia non ha tempo ed è stata travolta dalla vita che le ha fatto dimenticare cos'era e cosa desiderava. Leone è la sua possibilità di tornare bambina, di riprendere le redini di un’esistenza dalle mille sfaccettature.

“Leone” è attualità e poesia, è l’esempio di come la frenesia ci porti a rinchiuderci in noi stessi ignorando gli altri e tutto ciò che di bello abbiamo intorno.

Leone ci insegna che non è mai troppo tardi per sognare, che andare oltre le apparenze non è mai sbagliato, così come non è mai sprecato il tempo dedicato alla riflessione e alle persone che più amiamo.

“Leone” è magico ed intenso, un romanzo senza tempo che si fa divorare, che commuove, che porta il lettore indietro nel tempo e lascia un leggero e piacevole sorriso sulle sue labbra.  

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lunedì 12 novembre 2018

“Andiamo a vedere il giorno” di Sara Rattaro: un viaggio tra le imperfezioni e le fragilità dell’amore

Andiamo a vedere il giorno, Sara Rattaro

“Appoggiai la testa al suo petto, sulla stoffa che mi separava dal suo cuore, e mi lasciai dondolare. Non c’era nulla da aggiungere, nient’altro da dire. Eravamo lì, io e lui. Sbagliati, senza soluzione, impossibili come lo è il calcolare la probabilità di un evento che non è mai accaduto. Semplicemente noi."
Ogni nuovo libro di Sara Rattaro è accolto con entusiasmo dai lettori e ogni volta, letta l’ultima parola dell’ultima pagina la sensazione è quella di aver vissuto qualcosa di incredibile che non ha fine nel libro ma ne esce fuori lasciando nelle mente, e nel cuore, tanti pensieri ed emozioni.

È quanto capita anche con “Andiamo a vedere il giorno” (Sperling & Kupfer) in libreria dal 6 novembre 2018, una sorta di prosecuzione (ma dotato comunque di vita propria) di “Non volare via” (Garzanti, 2014).

Alice, che è sempre stata una figlia ed una sorella perfetta, si sposa perché innamorata di quel ragazzo conosciuto quando era appena adolescente. La vita le aveva già mostrato alcuni dei suoi volti più oscuri e la voglia di cambiare e comportarsi in maniera differente dal padre, che aveva tradito la madre, l’ha portata ad essere perfezionista e a riflettere su tutto ciò che fa. Poi però arriva lui, inaspettatamente, e la passione la travolge. Uscirne non è semplice e la madre capisce che deve stare accanto alla figlia, partire con lei per la Francia e affrontare un viaggio complicato durante il quale entrambe scoprono aspetti nuovi e inaspettati di una intera vita.

Alice teme quella madre che si è accontentata ed è riuscita ad andare avanti con chissà quali forze ma le cose sono bene diverse da come pensa e quel viaggio l’aiuterà a capire che la perfezione non esiste, mai.

“Eravamo vicine. Io e lei. Era riuscita a fermare il momento esatto del nostro passaggio di testimone. Lei nel pieno della sua corsa, io verso l’uscita. Mi chiesi se fosse vero che a un certo punto ogni madre si ritrova ad affidare la propria identità di donna giovane alla propria figlia.”

Sara Rattaro non ha disatteso le aspettative neppure stavolta e forse questo è tra tutti i suoi romanzi quello più maturo, quello che in qualche maniera ‘riassume’ tutti gli altri, per le storie raccontate, per l’incisività della scrittura, per la fragilità così reale che sovrasta ogni protagonista.

Sara Rattaro
L’amore ancora una volta è il vero protagonista ma è lo è in maniera differente o forse più profonda. Si tratta di un amore più vasto, non limitato a quello tra un uomo e una donna. È quell'amore a volte incomprensibile, quello duraturo che va oltre la passione, l’amore, per esempio, tra una madre e una figlia, quello tra una sorella e un fratello, proprio con Alice e Matteo, il fratello che, sordo dalla nascita, trovò il primo contatto con il mondo grazie alla sensibile e intraprendente sorella.

“Andiamo a vedere il giorno” è la ricerca di un qualcosa che forse neppure esiste, il tentativo di trovare una spiegazione alle scelte di una vita, alle situazioni che ci si presentano davanti senza lasciarci il tempo di prepararci, di rifletterci.

In fondo la vita è questo, una serie di eventi, più o meno fortuiti, che troviamo lungo il nostro cammino e per quanto ci intestardiamo non sarà mai possibile prevedere e pianificare tutto, gli imprevisti arriveranno e noi non potremo fare nulla, se non affrontarli nel migliore dei modi.

“Le aspettative sono sempre legate all’incertezza. Se sapessimo dove mettere i piedi, non ci chiederemmo di continuo se siamo sulla strada giusta e se presto riceveremo la nostra ricompensa. La verità è che raramente sappiamo dove siamo diretti, quasi mai prevediamo quello che accadrà, ma a volte ci ritroviamo felici per qualcosa di inatteso. È la vita.”

“Andiamo a vedere il giorno” è la storia di due donne ferite, due donne imperfette che non per questo hanno smesso di amare, di amarsi, di combattere e soprattutto di vivere, la storia di tutte noi.

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venerdì 9 novembre 2018

“Confessioni di un neet” di Sandro Frizziero: il non-romanzo più attuale e social del momento


Confessioni di un neet, Sandro Frizziero
“Io sono proprio come mi vuole il mondo e vivo esattamente la vita che è stata progettata per me in qualche sala riunioni californiana. Questa è la mia ribellione: realizzare il sogno osceno di chi dice di preoccuparsi per me.”
I romanzi atipici, quelli che hanno una struttura differente dai romanzi classici sono forse quelli che meglio vengono recepiti dai più giovani, soprattutto da chi non ha l’abitudine consolidata di leggere. Ciò non sminuisce ciò che è stato scritto ma è probabilmente l’argomento a prediligere tale forma.

Sì, perché “Confessioni di un neet” (Fazi Editore, Collana Le Meraviglie, settembre 2018) scritto da Sandro Frizziero è così attuale e così divertente, lo definirei perfino tragicomico, che la sua lettura è non obbligatoria ma necessaria.

Protagonista di questo libro è, come dice il titolo, è un neet (acronimo utilizzato per indicare i giovani che non studiano, non lavorano e che non sono impegnati in attività di formazione) che vive a Chioggia, nella sua cameretta all'interno della casa dei genitori. 

Questo è il suo regno e ne esce solamente per esigenze veramente imprescindibili come mangiare o andare in bagno. A farle compagnia le gatte Asia e Nina che non mancano di esprimere le loro idee con schiettezza a quell'inquilino capitato lì non per loro volontà. Lui non è interessato al lavoro, fonte di stress e umiliazione, non intende uniformarsi ad una società che sta collassando e che tutti criticano, vuole solamente digitalizzarsi e divenire un tutt'uno con ciò che davvero importa oggi.

“Confessioni di un neet” si spaccia per diario di un ragazzo annoiato ma in realtà è la feroce satira della società che stiamo vivendo, fatta di social networks, di selfies, di ignoranza digitale e non solo. Come non desiderare starne fuori?

”Insomma, sono un bravo ragazzo. Forse lo state già capendo. Noi NEET siamo i più rivoluzionari di tutti e mai e poi mai vorremmo interagire con la società da cui siamo valorosamente e orgogliosamente fuori.”


Sandro Frizziero
Che poi quello che si sta creando ultimamente è proprio un sentimento contrario nei confronti dei social, sentiamo sempre più giovani affermare di essere stanchi di stare perennemente collegati, in parte per la ripetitività dei gesti, in parte per la mania, e possibilità, di controllo sempre maggiore.

“Quando finalmente sarà diventato pura mole di dati potrò essere ovunque, e sentirmi pienamente inserito nel flusso di big data che domina il mondo.”

Ma tra tanta ironia e riflessione di vario tipo ad avere sempre e comunque ragione sono gli splendidi felini che non fingono, si esprimono con saggezza e offrono la loro compagnia desiderando in cambio solamente acqua e croccantini.

“Un animale, il gatto, che ti guarda con lo spirito di chi ti ha fregato, di chi te l’ha fatta sotto il naso e, per questo, meritevole di rispetto.”

“Confessioni di un neet” fa morire dal ridere ma tra una risata e l’altra anche il lettore meno attento si troverà a fare i conti con la realtà, si riconoscerà in determinati comportamenti e chissà che non decida di praticare un minimo di astinenza o, al contrario, di trasferirsi in rete emulando il nostro neet!

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giovedì 8 novembre 2018

“Cinque minuti prima della campanella” di Mariarosaria Conte: magici racconti per piccoli e grandi


Cinque minuti prima della campanella, Mariarosaria Conte
“Tutte le comunicazioni necessarie si svolgevano tramite dispositivo elettronico. Le macchine pensavano a ogni cosa. Ti svegliavano, ti preparavano la colazione, ti sistemavano sul letto i vestiti da indossare, davano una pulita alla stanza e, se c’era da informare gli altri familiari di qualcosa, bastava inviare un messaggio. Dopo la preparazione, una macchina simile a un elicottero conduceva chi a scuola chi al lavoro, e ci si rincontrava di nuovo nel tardo pomeriggio, quando l’apparecchio riportava tutti a casa.”
Vi è forse qualcosa di più bello dei bambini? La loro spontaneità, i loro sorrisi e il loro affetto incondizionato. E che bello poi quando abbiamo l’occasione di trascorrere tanto tempo con loro, di giocare insieme e addirittura leggere con loro e fungere noi da narratori quando sono ancora piccoli o quando sono loro, anche se più grandicelli, a chiederci di leggere. Ecco che i mondi si moltiplicano e i nostri bambini volano ancora più in alto.

Mariarosaria Conte, che con i bambini ci lavora quotidianamente, ha scritto un nuovo libro, una raccolta di racconti per bambini dal titolo “Cinque minuti prima della campanella” (Augh! Edizioni, collana Giovani orme, giugno 2018) con le bellissime illustrazioni di Simone Lisi.

Dieci racconti dal sapore fiabesco (con tanto di morale ed elementi magici), dieci storie differenti e persino una simpatica ed allegra filastrocca! 

Protagonisti i bambini ma non solo: ci sono i genitori, le maestre della scuola, i compagni di classe, i compaesani, i cugini, i fratelli e le sorelle, i mostri e i Sindaci.

“Maura era una dolce vecchina che chiedeva sempre una
Mariarosaria Conte
monetina. I bambini del Paesello la conoscevano bene. Era un’anziana signora dai capelli color argento, gli occhi neri come 
la notte e la voce melodiosa come quella di un flauto. Durante l’inverno indossava un lungo cappotto giallo ocra, uno sciarpone marrone che l’avvolgeva tutta e basse scarpe da ballerina che la facevano somigliare a una bambina.”

Racconti per ogni occasione e stagione, il mare per l’estate e la neve per l’inverno. 

Navicelle volanti che fanno tanto fantascienza e case sull'albero che conducono verso incredibili avventure. Non manca un bel trenino blu per andare alla scoperta di chissà quali nuovi luoghi e persone.

Racconti educativi da leggere ai propri figli, nipoti, o piccoli amici per insegnare loro qualcosa di nuovo o per distrarli da intenti negativi.

“Un Natale di tanto tempo fa, in casa Lamù, al più grande dei cugini, Filiberto, fu regalata una locomotiva blu. Filiberto ne fu felicissimo, aveva sempre sognato un trenino così bello e lucente! Scartò gli altri doni e si aspettava di trovare anche una pista con le rotaie, ma nulla da fare. Dovette accontentarsi di quaderni per la scuola, una tuta per la palestra e una palla da basket per gli allenamenti. Filiberto rimase comunque molto contento, perché quella locomotiva era veramente stupenda.”

L’insegnamento non è solo per i piccoli ma anche per gli adulti che si divertiranno durante la lettura, ricorderanno loro stessi da bambini, comprenderanno il significato più profondo di ogni narrazione e lo trasmetteranno con amore ai loro piccoli lettori.

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mercoledì 7 novembre 2018

“Mute, bianche e stupende” di Tod Robbins: un racconto inedito in Italia per gli amanti del pulp

Mute, bianche e stupende, Tod Robbins

“Un pomeriggio tornai allo studio e trovai il mio benefattore morto. Giaceva ai piedi di una statua alla quale stava lavorando – una statua che rappresentava la Giustizia. Il suo corpo sembrava essere rimasto in un atteggiamento di supplica. Un sottile nastro di sangue strisciava verso la porta come la miniatura di un fiume rosso. Si era tagliato la gola. All'inizio mi sembrò incredibile. Quando lo vidi così disteso, mi sentii come se avessi perso tutto quello che avevo al mondo.”
Ci sono piccole case editrici che si occupano di grandi autori e pubblicano perle della letteratura mondiale. Una di queste è l’italiana, o meglio pistoiese, Via del Vento Edizioni, fondata nel 1991 da Fabrizio Zollo con l’intento di pubblicare testi inediti e rari di grandi letterati italiani e stranieri del Novecento. Da allora sono innumerevoli i testi pubblicati e le collane sono oggi ben quattro (due delle quali cessate di recente).

“Mute, bianche e stupende” (novembre 2016, collana «iquadernidiviadelvento», testi inediti e rari del Novecento, cura e traduzione di Francesco Cappellini), libretto di pregiata fattura, edito in sole duemila copie singolarmente numerate, è un racconto macabro dell’autore newyorkese Tod Robbins (1888-1949), inedito in italiano.

Robbins fu uno dei protagonisti del fenomeno dei pulp magazine e raggiunse la fama internazionale grazie alla trasposizione cinematografica del racconto “Spurs”. Il film “Freaks” fece scandalo, per la prima volta mostrava creature bizzarre che il pubblico credeva appartenessero solamente alla fantasia, creando turbamento e confusione.
Tod Robbins

“Mute, bianche e stupende” è un racconto da gustare lentamente, non ci sono colpi di scena, o comunque non eclatanti, ma la storia prosegue con orrore pagina dopo pagina e gli occhi non si staccano fino all’ultima parola.

Il protagonista è un giovane uomo in attesa di essere giustiziato, dal passato sfortunato che a un certo punto della sua esistenza finirà per diventare scultore. Il suo nuovo inizio e la sua fine. Il desiderio di raggiungere il successo, di consolidare la sua arte lo porterà a scelte difficoltose ma necessarie per i suoi progetti.

“L’arte era la sua amante. E presto divenne la mia.”

Come in un diario degli ultimi giorni il condannato a morte ripercorre i suoi giorni, con orgoglio e impavidità.

L’orrore di questo racconto è insito nel potere della mente umana, l’idea che ciò che accade René potrebbe accadere a chiunque di noi è probabilmente la minaccia più grande e spaventosa.

Un’altra chicca della Via del Vento Edizioni che ci porta in un genere letterario lontano nel tempo ma ancora molto attuale ed intrigante.

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