lunedì 28 ottobre 2019

“Una merce molto pregiata” di Jean-Claude Grumberg: la guerra e il treno dei desideri

Una merce molto pregiata, Jean-Claude Grumberg

“Per loro grande fortuna – non tutte le disgrazie vengono per nuocere – il povero boscaiolo e la povera boscaiola non avevano bambini da sfamare. Tutti i giorni il povero boscaiolo ringraziava il cielo per quella benedizione. La povera donna, invece, in cuor suo, se ne rammaricava. È ben vero che non aveva bambini da sfamare, ma non aveva nemmeno bambini da amare.”
Immaginate di fare un viaggio nel tempo, sono gli anni ’40 in una delle zone più povere d’Europa. Vivete tra i boschi, vostro marito fa quello che può per portare qualcosa da mangiare a casa ma non è semplice, inoltre anche lui si è indurito e la casa non è più il rifugio confortevole di una volta. 

Ogni giorno provate a raccogliere qualcosa da mettere sotto i denti e vi trovate davanti a quei binari sui quali più volte avete visto passare il treno

Voi non ci siete mai salite ma vi piacerebbe perché lì sopra è certo che ci siano chissà quali ricchezze e chissà quali bontà. La fame è tanta e nonostante il treno non sia lussuoso, ma voi non ne avete mai visto altri, la vostra fantasia vola alta. Sapete solo che si tratta di un treno merci e quella parola è piuttosto allettante. Immaginate che poi davanti a quel treno troviate un fagottino con dentro un bambino, quello mai avuto, un dono dal cielo o forse un dono da parte di quel treno tanto misterioso.

Questo è “Una merce molto pregiata” (Guanda, aprile 2019) del drammaturgo e scrittore di libri per bambini francese Jean-Claude Grumberg, la storia di due boscaioli che in piena Seconda guerra mondiale ricevono un dono davvero inusuale e particolarmente pregiato. Chi lo manda? Perché? E come sarà prendersene cura? 

 Le pagine sono poche ma la storia, che parte come si trattasse di una delle fiabe, talvolta terrificanti, dei fratelli Grimm, una di quelle ambientante nella Foresta Nera, è bellissima, intensa, più reale di quanto potremmo immaginare, e straziante.

“C’erano una volta, in un grande bosco, una povera boscaiola e un povero boscaiolo. No no no, state tranquilli, non si tratta di Pollicino! Nient’affatto. Io, proprio come voi, detesto quella storia ridicola. Quando mai, e dove poi, si sono visti dei genitori abbandonare i loro bambini perché non potevano sfamarli? Ma andiamo…”

“Una merce molto pregiata” è una piccola opera d’arte, un incontro di storia, storie e sentimenti mai sopiti, la testimonianza di un tempo che fu e che mai dovrà essere scordato.

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martedì 15 ottobre 2019

“Lo stato dell’unione: Scene da un matrimonio” di Nick Hornby: gli sterili discorsi di una coppia in crisi

Lo stato dell'unione: scene da un matrimonio

“Ma la vita è lunga, e noi siamo soltanto a metà del cammino.”
"Alta fedeltà" è stato apprezzato a livello globale e così tanti suoi libri dopo questo ma ho trovato le trame sempre un po’ troppo o forse non abbastanza. Poi qualche giorno fa ho letto dell'uscita del nuovo “Lo stato dell’unione: Scene da un matrimonio” e mi sono detta: perché no? 

Lui si chiama Tom ed è un critico musicale al momento disoccupato; Lei Louise, gerontologa che ha tradito il marito.  Il loro è un momento di crisi e decidono di affidarsi ad una consulente matrimoniale. Si tratta di un incontro settimanale che viene preceduto dalle conversazioni dei due in un pub. Cercano di capire cosa sia accaduto dall'inizio della loro unione ad oggi e tra situazioni paradossali e metafore ricche di ironia, quasi sarcasmo, ci si chiede se si tratti di un rapporto che potrà mai essere ricucito.

Il lettore assiste a veri e propri brevi sketch nei quali marito e moglie interagiscono esponendo i problemi personali e osservando altri pazienti che si affidano alla medesima consulente.

“Lo stato dell’unione: Scene da un matrimonio” (Guanda, ottobre 2019, traduzione di Elettra Caporello) è questo e non molto altro, purtroppo.

Le pagine sono poche e poco intense. Sì, l’ironia non manca ma cosa resta di questi dialoghi che di concreto hanno poco?

Mi aspettavo qualcosa di più, poi una settimana fa circa mi sono ritrovata a leggere un’intervista ad Hornby su Robinson de La Repubblica che mi ha lasciato piuttosto esterrefatta.

Tra le varie esternazioni Hornby afferma che un tempo la lettura era un rimedio contro la noia, mentre
Nick Hornby
oggi ci sono altre forme di espressione come Youtube, Spotify o Twitter. Non a caso i figli non leggono e, col senno di poi, se ciò che avevano a disposizione erano i libri del padre, forse è meglio così.

Asserisce persino che la cultura non renda le persone migliori, mi chiedo quindi cosa scriva a fare questo scrittore inglese campione di vendite in tutto il mondo (forse si tratta puramente di una questione di introiti economici?) e perché non ci mettiamo a fare altro che non sia leggere? Una bella giornata su Facebook o Instagram può certamente scacciare via la noia, no?

In fondo oggigiorno i livelli di attenzione sono bassissimi, quindi chiudiamo questi inutili libri, frequentiamo maggiormente i social e lasciamo perdere le inutili e noiose librerie, se poi i libri che ci troviamo sono di questo genere…

Infine, e sulla falsa riga della citazione qui sopra, non posso che ricordare che la vita è troppo breve per sprecarla con libri che non valgono la pena di essere letti!