venerdì 29 novembre 2019

“La mia ciclotimia ha la coda rossa” di Lou Lubie: un viaggio tra emozioni, umori altalenanti e disturbi bipolari


La mia ciclotimia ha la coda rossa, Lou Lubie
“Non possiamo scegliere quello che proviamo, ma possiamo scegliere quello che facciamo.”
Esistono diversi generi letterari ed ognuno di noi legge quelli che preferisce, che sente più vicini a sé e dai quali ricava piacevoli sensazioni.

Nell'ultimo anno in Italia è tornata in auge una forma narrativa che tanti di voi avranno conosciuto da piccoli ma che oggi più che mai è utilizzata per raccontare qualsiasi cosa vi venga in mente.

Faccio riferimento al graphic novel, il romanzo a fumetti, solitamente rivolto ad un pubblico di adulti.

Sono numerose le case editrici che si sono concentrate su questo, Rizzoli Lizard, LSWR, J-POP, Coconino Press, Bao Publishing (che ha appena compiuto 10 anni; quella che pubblica Zerocalcare e un sacco di altri talentuosi autori), solo per citarne alcune.

E numerose sono le storie che possiamo leggere in questo modo. Mi ha colpito, in particolare, l’utilizzo che si sta facendo del fumetto per informare riguardo fatti storici (potrebbe essere il “Kobane calling” di Zerocalcare) o patologie/disturbi particolari dei quali chi non studia in determinati ambiti sa poco o niente.

Potrebbe essere il caso de “La differenza invisibile” (storia di una ragazza con la sindrome di Asperger) o de “La mia ciclotomia ha la coda rossa” (ComicOut, novembre 2017) scritto e disegnato dalla Lou Lubie, originaria de l’Ile de la Réunion e residente da alcuni anni a Parigi dove lavora.

Quest’ultimo è un graphic novel autobiografico, la storia di una fumettista, scrittrice, programmatrice e creatrice di videogame e forum creativi francese, la cui vita non è stata così semplice a causa della sua ciclotomia. Non avevo idea di cosa si trattasse, fino a qualche giorno fa, ma ora so che fa parte della famiglia di disturbi bipolari e che è un po’ come vivere in un continuo vortice di emozioni, con picchi verso l’alto o verso il basso.
Lou Lubie

Nel mezzo una grande creatività, la voglia di impegnarsi in tanti progetti, di sentirsi amati e la fatica nei momenti più bui, dato dal saliscendi dell' umore, che possono sopraggiungere in qualsiasi momento.

Per non parlare della fatica nel trovare qualcuno che capisse quale fosse il problema, che fosse in grado di fornirle informazioni ed eventuali terapie utili.

Non solo Lou racconta la sua storia ma contribuisce a sfatare falsi luoghi comuni riguardo il bipolarismo, mostra quanto sia importante rivolgersi a figure mediche serie e a non fermarsi al primo consulto.

Inoltre utilizza termini tecnici, ci sono persino parti schematizzate nelle quali vengono presentate le diverse forme di bipolarismo e lo fa con competenza, ironia e con l’aiuto della sua volpe rossa che è davvero simpatica, a parte quanto pretende troppo o si arrabbia…

Una piccola opera d’arte per imparare qualcosa di nuovo, acquisire nuove consapevolezze e sensibilità e prestare un pizzico in più di attenzione, senza diventare invadenti, a chi ci sta accanto e persino a noi stessi.

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venerdì 22 novembre 2019

“Il grande viaggio di Naoki” di Bruno Pilorget e Mapi: un incredibile viaggio tra chicchi di riso e opere di Katsushika Hokusai

Il grande viaggio di Naoki

“Dovrai dimostrare di essere coraggioso e tenace, rispose il padre della giovane ragazza. Parti domani mattina con un carico di riso. Dovrai venderlo fino all’ultimo grano viaggiando attraverso il paese. Mi riporterai quello che hai guadagnato. E nella tua mano destra, tu terrai giorno e notte trentasei gradi di riso, senza mai aprire il pugno. Al tuo ritorno, se la tua mano conserverà ancora questo riso, potrai chiedere in sposa Yunko, il mio giovane fiore.”
Naoki è innamorato di Yunko, la figlia dell’uomo per il quale lavora. Non è ricco né facoltoso ma l’unica cosa che al padre di Yunko importa è che il pretendente compia un’impresa tutt’altro che semplice: dovrà vendere un carico di riso attraversando il Giappone, tenendo nella mano destra 36 chicchi senza mai schiudere il pugno. Ad accompagnarlo sarà Tomomi, una volpe molto furba che nasconde qualcosa e che forse cerca di intralciare il giovane innamorato.

“Il grande viaggio di Naoki” (Jaca Book 2019, traduzione di Laura Molinari e Vera Minazzi) di Bruno Pilorget e Mapi, è una bellissima storia, una di quelle che sembrano prese da un libro di racconti tradizionali giapponesi, affascinante per i paesaggi mostrati e per la delicatezza delle usanze così differenti da quanto vediamo nel mondo occidentale.

Ma non è tutto. Ad accompagnare la storia quindici bellissime stampe di Katsushika Hokusai, il famosissimo pittore e incisore giapponese, nelle quali ammirare lo stile ukiyo-e, la cosiddetta immagine del mondo fluttuante. 

Realismo e poesia si fondono nella natura che rappresenta la vera protagonista di questo breve romanzo. Come non rimanere ammaliati dai luoghi che attraversa Naoki, dalle persone che incontra, dalla profondità del sentimento che prova per la giovane Yunko?

“A pochi passi da sé, vide, protetta da un grande ombrello, una giovane donna che camminava con una dama di compagnia… Era così bella che Naoki non si accorse della buca nella strada acciottolata e inciampò… Perse l’equilibrio e si ritrovò per terra!”

La trama nasconde un viaggio infinito, quello della vita con le sue scelte complicate, fatta di amici e nemici, di amori e delusioni ma soprattutto di crescita.

Se quindi siete amanti dell’arte, del Giappone ma soprattutto delle storie belle sono certa che vi innamorerete all’istante de “Il grande viaggio di Naoki”!

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martedì 19 novembre 2019

“Cercami” di André Aciman: un ritorno colmo di musica classica e amori senza tempo

“In buona sostanza, non sappiamo in che termini pensare al concetto di tempo, perché il tempo non comprende se stesso come facciamo noi, perché non gli importa niente di che cosa pensiamo di lui, perché in fondo il tempo è solo una metafora incerta e inaffidabile di come consideriamo la vita. In ultima istanza, infatti, non è il tempo a essere sbagliato per noi, e nemmeno noi per il tempo. Forse è la vita a essere sbagliata.”
Avevamo lasciato Elio ed Oliver alle loro vite, dopo una splendida estate italiana trascorsa insieme, alla scoperta di un sentimento che entrambi non conoscevano ancora con tale intensità.

Cosa sarà accaduto nel frattempo? Chi ha amato “Chiamami col tuo nome” (Guanda) non può aver dimenticato quelle pagine intense, quel romanzo di formazione che, nonostante veda protagonista due uomini, va oltre l’omo o l’eterosessualità.

Vent’anni dopo André Aciman (statunitense, nato ad Alessandria d’Egitto in una famiglia ebraico-sefardita di origini turche) torna con “Cercami” (Guanda, ottobre 2019), una sorta di sequel di “Chiamami col tuo nome” (diventato noto al grande pubblico in seguito all’omonima pellicola di Luca Guadagnino del 2018). 

Il romanzo è strutturato in maniera differente rispetto al primo: quelle che vengono raccontate sono tre storie tra loro collegate ma ambientate in luoghi e tempi differenti. Protagonisti indiscussi Elio e suo padre Samuel.

Il primo non ha scordato quell’amore di tanti anni fa ma è andato avanti e si trova a vivere un’intensa storia con un uomo che ha il doppio della sua età. Un uomo affascinante, colto e con un passato che si svela con il maturarsi del rapporto tra i due.

“Tipo che secondo me tu non sei molto felice. Ma alla fine sei un po’ come me: alcune persone si ritrovano con il cuore infranto non perché siano state ferite ma forse perché non hanno mai conosciuto nessuno a cui tenessero abbastanza da poterne essere ferite.”
André Aciman

Samuel invece ha divorziato dalla madre di Elio, continua a svolgere la sua professione di docente e a viaggiare tra Liguria e Roma. È durante uno dei viaggi in treno che incontra Miranda, con la metà dei suoi anni ma una personalità che lo affascina immediatamente e una maturità fuori dal comune per quell'età.

“Perché mi liberava da me stesso come se fossi un prigioniero il cui carceriere ero proprio io e nessun altro? E che cos’era quella lozione che non avevo mai provato sulla mia pelle? Che cosa volevo da quest’uomo e che cosa gli avrei dato io in cambio?”

Non vi svelo se compaia nuovamente Oliver ma vi dico che la poesia di “Chiamami col tuo nome” è ancora viva, la musica, quella classica, è la colonna sonora di ogni storia e tutti sono pronti a svelarsi, a restare nudi di fronte agli occhi del lettore, a vivere finalmente senza sotterfugi o compromessi di alcun tipo.

Certo, superare, in quanto a bellezza e profondità, il primo capitolo di questa bellissima storia era veramente difficile ma ammetto che Aciman ci è andato vicino e che non vedo l’ora di leggere qualche altro suo libro.

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lunedì 11 novembre 2019

“Germaine Johnson odia il martedì” di Katherine Collette: un viaggio tra numeri infallibili ed emozioni variabili

Germaine Johnson odia il martedì

“Le relazioni tra numeri sono molto più semplici delle relazioni tra esseri umani. Le persone sono imprevedibili: non sai mai che cosa faranno, non sai mai che cosa diranno. Ma i numeri? I numeri sono affidabili.”
Germaine Johnson vive nell’est dell’Australia e per lei i numeri sono tutto: regolano la sua vita, sono indispensabili nel lavoro e persino nelle relazioni con gli altri. Ma soprattutto i numeri non mentono e restano sempre uguali. 

Sì, perché Germaine è fin troppo razionale e questo la porta talvolta a non essere compresa o a scontrarsi con chi ha a che fare con lei. 

È forse a causa di ciò che viene licenziata e trova un nuovo impiego in Comune, come voce del Telefono amico per la terza età. Inizialmente le sembra una perdita di tempo ma col tempo affina delle strategie per rendere tutto più dinamico e schematico, fino a quando la sindaca non le propone di occuparsi di alcune questioni delicate riguardanti il centro per anziani che in tanti vorrebbero eliminare. 

Germaine si sente importante ma analizzando meglio l’intera situazione comincia a pensare che qualcosa non quadri. Per fortuna c’è sempre il sudoku, la sua grande passione. Ma saranno sufficienti i numeri a risolvere i problemi? E se i nuovi colleghi di lavoro e gli anziani del centro non fossero così male e lei riuscisse per una volta ad andare oltre i meri calcoli?

Germaine Johnson odia il martedì” (Garzanti, agosto 2019, traduzione di Stefano Beretta) è il romanzo d’esordio dell’ingegnere ambientale Katherine Collette che vive a Melbourne con il marito e i due figli.

Si tratta di un romanzo ricco di emozioni e sentimenti, è un viaggio insieme alle fragilità di Germaine, tra alti e bassi, tra incomprensioni e nuove consapevolezze.

Probabilmente, anche se questo non viene mai detto, la protagonista ha la sindrome di Asperger, caratterizzata da un sistema di pensiero di tipo reticolare che la porta ad essere
Katherine Collette
così schematica e a mandarla in tilt quando qualcosa non si svolge secondo ciò che era stato programmato.

Germaine mostra consapevolezza ed è bello osservare come, con il trascorrere del tempo, gli altri imparino a conoscerla e ad apprezzarla. I rapporti interpersonali non sono il suo forte ma capirà in breve chi può considerare amici e di chi fidarsi senza riserve.

“L’idea di un ragazzo della mia età a cui piacevano le stesse cose risultò essere molto migliore della realtà. Talvolta meno si sa, meglio è, talvolta BISOGNA illudersi e fingere di credere a cose che non sono reali.”

Germaine è schietta e in questa sua schiettezza si nasconde una saggezza che talvolta rischia di essere fraintesa, se non accolta con sincerità e voglia di varcare i confini.

Oltre trecento pagine (nonostante la piacevolezza della lettura al posto dell'autrice mi sarei dilungata meno) all'insegna della positività, dell’ironia e della diversità intesa come caratteristiche che ci definiscono e rendono ciò che siamo.

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