Dopo una lunga e calda estate siamo ormai in
autunno, a pochi mesi dal termine di questo anno così strano ed impegnativo.
Cristina Biolcati, che ringrazio, ci regala
ancora una volta una sua poesia, “Abulia”, con parole che ben rispecchiano il periodo
che stiamo vivendo, di incertezza, di inquietudine.
E a trasportarci in questo stato d’animo così
cupo è anche questo periodo dell’anno, il passaggio da una stagione all’altra,
l’avvicinarsi dell’inverno e il non sapere cosa ci accadrà il giorno dopo.
Una lirica che può essere interpretata e percepita
in maniera differente, soggettiva ma dalla quale, in ogni caso, si percepisce
uno spiraglio di speranza, senza la quale non vi sarebbe vita.
Cristina Biolcati, scrittrice e poetessa ferrarese e padovana d’adozione, da anni ormai
ci fa sognare e riflettere con i suoi racconti e con le sue liriche (per e con
entrambi si è aggiudicata numerosi premi letterari); di recente abbiamo potuto
leggere il suo primo romanzo thriller “Le congetture di Bonelli” (Delos
Digital), ad inizio estate l’abbiamo ritrovata nel racconto breve “Al riparo
dai sogni” (Officina Milena, per la nuova collana Milena in love), ne “Il
castigo dell’acqua” (il cui ricavato va a sostenere “Sorriso in viaggio”,
associazione che supporta i bambini malati e le famiglie che devono affrontare
spese di viaggio e assisterli nei continui spostamenti per le visite
specialistiche), nel nuovo romanzo breve “Il suono delle sue ferite” (Delos
Digital Passport) e nel thriller "Una mano negli abissi" (Delos Digital Crime).
Ci uniremo come spettri la notte,
ciascuno col suo senno spossato,
mentre un singulto gonfia le tende
e s’avvinghia alle membra stonate.
Sei tu che dalla terra degli inferi
vorresti spazzare l’incuria padrona,
sottrarmi a questa feroce abulia.
Sono l’ombra sgradevole e grama,
figlia di un armonioso virgulto,
che oramai ha smarrito allegria.
E mentre piano discende la sera
e aspetto i miei sogni catartici,
vorrei confidarti un segreto.
Potessi tornare a bagnare corolle
o a fare di ogni passo un’idea.
Invece rimango carponi,
a divorarmi nei fragili anfratti,
negando a me stessa la via.