lunedì 28 giugno 2021

“Credi davvero (che sia sincero)” di Roberto Ottonelli: quando l’ossessione si camuffa da amore

Credi davvero (che sia sincero) di Roberto Ottonelli

“Martina era diversa. Con lei mi sentivo a mio agio, la mia vocina interiore era quasi del tutto in silenzio. Quasi.”

“Credi davvero/ Che sia sincero quando ti parlo di me?/ Credi davvero/ Che mi spoglio di ogni orgoglio davanti a te?/ Non credi d'essere un po' ingenuo?/ Non credi d'essere rimasto un po' indietro?/ Non ti fidare mai/Non sono gli uomini a tradire mai i loro guai.//

In molti avrete riconosciuto la canzone di Vasco Rossi. Da questa prende spunto il titolo del nuovo romanzo (dopo “Il diavolo dentro”, Delos Digital, 2017) di Roberto Ottonelli.

“Credi davvero (che sia sincero)” (Bertoni Editore, marzo 2021) è la storia di Martina e Antonio: lei solare e piena di amiche che le vogliono bene; lui cupo e oppresso dalle responsabilità familiari. I due si incontrano per caso durante un’uscita con amici comuni e da quel momento non si staccano più. 

Nasce subito una relazione e in pochi giorni lui va a convivere da lei. A parte il tempo così rapidi non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che le attenzioni di lui, inizialmente piacevoli e sintomo di affetto, si trasformano rapidamente in morbosità

Da una parte le amiche tentano di parlare con Martina per farle aprire gli occhi, dall’altra Antonio nasconde il più possibile le reali intenzioni e i pensieri più profondi. Come finirà questa storia? Forse le amiche non capiscono e le loro preoccupazioni sono infondate? E se lui desiderasse solamente trovare l’amore vero?

“Ho una paura enorme. Non riesco a esprimere neanche a loro quanto faccia fatica alcune volte a restare la solita ragazza spensierata. È tutta apparenza. Le cicatrici tante volte prudono. Ma se per una volta ho davvero incontrato un bravo ragazzo, uno che si prende cura di me, capace di farmi ridere, divertire, sognare. È così sbagliato?”

Di storie simili ne leggiamo tante e tanti sono i fatti di cronaca quotidiani che parlano di donne uccise dai propri compagni o mariti. Ma cosa pensano e provano le/i malcapitate/i?

Le lei e i lui di turno possiedono personalità e pensieri propri e sono quelli che Roberto Ottonelli ci fa conoscere con questa storia.

Roberto Ottonelli
Veniamo a conoscenza del prima, del mentre e del dopo tramite fatti, riflessioni, parole non dette.

Tutto nasce in una maniera che parrebbe naturale ma spesso è proprio in queste situazioni che nascono storie simili, tra ossessioni travestite da amori, premure che sono in realtà desiderio di possesso.

“Dovrei affrontarlo e cacciarlo fuori di casa, senza aspettare oltre. Ma in un istante mi sento privata di ogni capacità di reagire. Sono svuotata. E poi? Posso mai dire a tutto il mondo di essermi sbagliata?”

La struttura della narrazione, che ci permette di conoscere singolarmente i punti di vista dei due protagonisti, rende il romanzo particolare e particolarmente realistico e a tratti persino crudo.

Immedesimarsi nella storia diventa semplice, ci fa proseguire rapidamente fino a portarci a voler trovare un perché al peggio.

Va detto che qualche forma verbale andrebbe sistemata ma tale aspetto non preclude la lettura di questo romanzo che appassiona e che difficilmente si dimentica.

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domenica 27 giugno 2021

“Tracce di te (a mio padre)”: la poesia di Cristina Biolcati

 

"Non cercate di prendere i poeti perché vi scapperanno tra le dita". (Alda Merini)

Ed eccoci al secondo appuntamento con la poesia di Cristina Biolcati!

Come “Meriggio” anche “Tracce di te (a mio padre)” è un inedito, una dedica al padre venuto a mancare qualche anno fa.

Non è difficile comprendere quale fosse il rapporto tra i due, quello che scaturisce in modo aperto dalle parole della poesia della figlia.

Non è mai semplice perdere un genitore e anche meno lo è trovare una spiegazione ad una perdita precoce, al pensiero di ciò che avrebbe potuto ancora essere.

Cristina Biolcati
Una ‘cicatrice profonda’ che fatica a rimarginarsi, un buio che deve necessariamente essere attraversato per arrivare a vedere la luce.

Un’anima delicata sempre in ascolto, per cogliere un messaggio impercettibile, per godere di un dolce ricordo, per trovare un po’ di conforto all’inizio di ogni nuova giornata.

Cristina Biolcati, scrittrice e poetessa ferrarese e padovana d’adozione, da anni ormai ci fa sognare e riflettere con i suoi racconti e con le sue liriche (per e con entrambi si è aggiudicata numerosi premi letterari); di recente abbiamo potuto leggere il suo primo romanzo thriller “Le congetture di Bonelli” (Delos Digital) e pochi giorni fa l’abbiamo ritrovata nel racconto breve “Al riparo dai sogni” (Officina Milena, per la nuova collana Milena in love) e ne “Il castigo dell’acqua”, il cui ricavato va a sostenere “Sorriso in viaggio”, associazione che supporta i bambini malati e le famiglie che devono affrontare spese di viaggio e assisterli nei continui spostamenti per le visite specialistiche.   

 


Troverò tracce di te,

nella cicatrice profonda

che allarga la notte.

Riflessi di un’ora sospesa,

mentre onde d’argento

attanagliano il buio.

Dimmelo tu che morire è un diritto,

sagoma dolce che volge la schiena.

Sono anima che s’inabissa nel gorgo,

confidando di rilucere ancora.

Ogni sera mi perdo in ascolto,

per consegnare all’alba la resa.



martedì 22 giugno 2021

“La rinnegata” di Valeria Usala: storie di donne tra amore, rabbia, imposizioni e desiderio di libertà

La rinnegata, Valeria Usala

“Le loro labbra si avvicinarono timide, e solo quando il maestrale li costrinse a staccarsi per tornare a casa si resero conto, mano nella mano, di essere cresciuti spaiati come delle vecchie scarpe in saldo al mercato – consumati a furia di andare in giro ma felici, insieme, di andare da qualche parte.”

Teresa vive a Lolai, in un piccolo paese del sud della Sardegna, è sposata e ha tre figli e la vita non è per lei così semplice. A complicarla ulteriormente la morte del marito che la lascia così in balia degli sguardi degli uomini e dei pettegolezzi delle donne. Una bella donna non passa mai inosservata, le invidie sono tante e nonostante lei tenti in ogni modo di far tacere le voci non c’è nulla da fare. L’unica soluzione è quella di continuare per la sua strada, fidandosi di poche persone, con determinazione e indipendenza

Le è sempre stato detto che una donna senza un uomo non è niente ma lei non la pensa così e farà di tutto per rifiutare le avances di un uomo viscido e senza scrupoli.

“La rinnegata” (Garzanti, aprile 2021) è il romanzo d’esordio della giovane scrittrice Valeria Usala.

Una storia che ci porta indietro nel tempo, in una Sardegna profondamente legata alle tradizioni e ad una cultura di tipo matriarcale nella quale era comunque l’uomo a comandare; la donna era colei che gestiva la quotidianità familiare ma una donna senza marito e figli non era nessuno.

“Per anni aveva creduto di conoscere solo la pesantezza ineluttabile di quei semi, e il loro ricongiungersi col suolo. Eppure, c’era stato un tempo in cui aveva vissuto anche la leggerezza della pula e di quel maestrale ostinato, che adesso era pronto a condurla altrove.”

Le rinnegate qui sono due, madre e figlia, per motivi differenti ma legati da un filo sottile.

La storia della madre è bellissima e si intreccia con le credenze della Sardegna più ancestrale, con il maestrale che soffia forte, con l’amore disilluso, con la forza di una natura selvaggia e feroce.

Valeria Usala

Dalla madre si passa poi alla figlia, anche lei personaggio interessante, ma ciò che manca è quella magia iniziale che si unisce a dei buchi narrativi che rendono la storia a tratti meno scorrevole e meno intensa.  

“Il muro di cordiale falsità che le donne avevano eretto, al contrario, era una montagna decisamente più alta da scalare e una frustrazione impossibile da combattere. Lo sguardo maschile la faceva sentire violata, ma quello femminile la sminuiva a tal punto da renderla invisibile.”

“La rinnegata” è amore, rabbia, libertà e paura, ma lascia il sapore di un’opera prima la cui scrittura non è ancora affinata e la cui trama non è stata sviluppata in modo completo.

Un libro che vale comunque la pena di essere letto, perché racconta una storia per troppo tempo dimenticata che andava raccontata, perché narra di donne bistrattate dalla società che non si arrendono, perché il silenzio non è, e mai sarà, la scelta migliore.

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venerdì 18 giugno 2021

“Ombre sul naviglio” di Rosa Teruzzi: una nuova indagine tra fiori, amori, maschere e verità mai svelate

Ombre sul naviglio, Rosa Teruzzi

 

“Era per questo che lei aveva evitato così a lungo di impegnarsi? Per cercare di tenersi al riparo dalla sofferenza, senza peraltro riuscirci? All’improvviso sentì fortissimo il desiderio di chiamare Furio. Aveva bisogno di una pausa di serenità, di un sorriso. In mezzo a quei pensieri cupi il suo amico cuoco le avrebbe regalato entrambe le cose.”

Siamo al sesto capitolo delle indagini della fioraia del Giambellino. Dopo “La sposa scomparsa” (2016), “La fioraia del Giambellino” (2017), “Non si uccide per amore” (2018), “Ultimo tango all’Ortica” (2019) e “La memoria del lago” (2020), Rosa Teruzzi, esperta di cronaca nera e caporedattrice di Quarto grado, è tornata con l’attesissimo “Ombre sul naviglio” (Sonzogno, 2021).

Chi conosce le investigatrici milanesi sa che i colpi di scena sono sempre dietro l’angolo e che ogni loro azione è mossa dalla passione. Ma ciò che ancora non sapevamo è che il caso del Gatto con gli Stivali (accompagnato dalla Fata Turchina e Zorro) potrebbe nascondere delle verità scottanti e che nessuno avrebbe mai immaginato.

Libera e Iole si muovono tra Milano e l’Emilia Romagna alla ricerca dei misteriosi rapinatori: perché queste maschere da personaggi delle favole e perché i loro obiettivi sono così modesti e fuori dal comune?

Gli indizi da favola potrebbero sfociare in un noir dai risvolti inaspettati ma una cosa è sicura: Libera e Iole con il supporto del Dog e della Smilza riusciranno ad arrivare alla risoluzione del caso, nonostante questo si rivelerà differente dai precedenti e colpevolizzare le persone coinvolte non sarà così semplice.

Per Libera sarà un modo per pensare ad altro, ora che ha scoperto che Gabriele, del quale è da sempre innamorata, si sta per sposare.

Rosa Teruzzi
Come avrete capito in “Ombre sul naviglio” le maschere potrebbero finalmente cadere rivelandoci aspetti delle protagoniste mai rivelati prima. E chissà che non sia la volta buona che Libera si decida a prendere una decisione in amore, smettendo di struggersi per qualcosa che non ha il coraggio di affrontare.

“A soli ventitré anni, la vita di questa ragazza è già un romanzo, pensò Libera. Ma in fondo non lo è quella di ognuno di noi?”

Rosa Teruzzi non delude mai e ancora una volta riesce a coinvolgerci nelle sue storie sempre piene di libri, di fiori, di misteri e di amore.

Bellissimo e commovente l’omaggio al collega giallista milanese Andrea Pinketts, scomparso quasi tre anni fa ma sempre nel cuore di chi lo ha seguito tramite i suoi libri e le sue indagini.

Il bello di questi libri è, tra le altre cose, che possono essere affrontati anche autonomamente, senza aver necessariamente letto i capitoli precedenti.

Vi lascio alla scoperta di “Ombre sul naviglio”, le zone oscure non mancheranno e neppure i momenti nostalgici e quelli esilaranti, e sono certa che al termine non vedrete l’ora, come me, di leggere il continuo!!

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martedì 15 giugno 2021

"Due cuori appannati su Roma": la poesia di Marco Giuli













“Sono certo, certissimo, che una persona che legge poesia si fa sconfiggere meno facilmente di una che non la legge.” (Iosif Brodskij)

Eccoci al secondo appuntamento con la poesia di Marco Giuli.

“Due cuori appannati su Roma” è una delle cinquanta liriche della raccolta “L'anima de li pensieri mia” (gennaio 2021, autopubblicazione disponibile su Amazon).

I temi trattati sono diversi: si va dall’amore all’amata Roma, dalla forzata reclusione all’amicizia senza dimenticare personaggi divenuti (purtroppo) protagonisti della cronaca come Stefano Cucchi o Emanuela Orlandi. Non mancano i momenti di spensieratezza, i ricordi del passato, i pensieri per il futuro e gli affetti più cari.

Marco Giuli

Il linguaggio è semplice, popolare, dialettale, ma ogni parola è importante e portavoce di sentimenti profondi e talvolta di un disagio che ancora stiamo vivendo a causa del periodo storico particolare che stiamo affrontando.

Per saperne di più su questa e sull’autore andate a leggere l’intervista che trovate qui.

“Due cuori appannati su Roma” è amore puro, quello per la città amata, per quella Roma acclamata da artisti di ogni genere e di ogni tempo, quella di chi la conosce da una vita. 

La Roma del popolo, di chi la osserva e la annusa quotidianamente, la Roma nella quale innamorarsi potrebbe essere così semplice. Ma Roma, così come l’amore, sa essere anche malinconica e questo è il sentimento che prevale nelle liriche qui sotto. 

Una malinconia struggente che si fonde alla città eterna, un cuore ferito che cerca in quel cielo blu un po’ di conforto e di amore sincero.

 

So dieci giorni che non te vedo

e me ne sto da solo mentre appanno il vetro

di questa macchina disegnando due cuori

attraverso i quali riesco a vedè fuori.

 

E fuori c'è Roma, con tutta la sua bellezza

anche quando piove, te vede e t'accarezza

anche quando non ci sei, ma tanto sto tranquillo

perché tanto stai a tornà, e manco a farlo apposta

al telefono uno squillo.

 

Se illumina lo schermo, il tuo profilo riflesso al vetro

fa da sfondo ar cuppolone, mentre il cielo diventa nero

e i gabbiani salutano Roma, dai Parioli a San Giovanni

Sta città è anche quella signora che s'affretta a ritirà i panni.

 

Sta città è quel pischello, che corre fracico mentre piove

ma non è soltanto quello, so anche i vicoli stretti del rione

è discutere al bar di pallone, e dei politici corrotti

ma poi arriva il prosecco e alla fine te ne fotti.

 

Attraverso sti due cuori, ormai quasi del tutto appannati

vedo scorrere sto Tevere, complice degli innamorati

e penso al tuo sorriso, perfetto nella sua incertezza

la tua voglia sempre di un abbraccio e io di una carezza.

 

Metto in moto e finalmente rispondo a sto telefono

sto arrivà, te dico. Due minuti e sto al semaforo

so dieci giorni che me manchi e i cuori sul vetro non se vedono più

fuori ha smesso anche di piovere, il cielo sopra Roma è tornato a esse blu.


giovedì 10 giugno 2021

“Il bambino che disegnava le ombre” di Oriana Ramunno: ad Auschwitz e Birkenau tra cadaveri e cavie-bambini

Il bambino che disegnava le ombre, Oriana Ramunno

 

“Hugo sentì il corpo scosso dai fremiti. Pensò a Gioele, alla puntura di fenolo che Josef Mengele gli avrebbe fatto non appena suo fratello fosse morto, al rumore che il suo cuore avrebbe fatto quando si sarebbe spaccato.”

Siamo nel pieno della Seconda guerra mondiale. È dicembre e ad Auschwitz nevica copiosamente quando viene ritrovato il cadavere di Sigismud Braun, un pediatra che lavorava nello stesso blocco di Josef Mengele, noto per gli esperimenti sui gemelli. Hugo Fischer, investigatore di punta della Kriminalpolizei, viene chiamato ad indagare e scoprire chi l’abbia assassinato.

Da Berlino Fischer viene catapultato nei campi di Auschwitz e Birkenau, un mondo che conosceva in modo superficiale ma del quale ignorava le dinamiche più profonde e cruente.

A dargli una mano nelle indagini il piccolo Gioele, ebreo di origine italiana, colui che ha trovato il medico morto e che ha tratteggiato, in disegno, la scena del delitto.

Gioele è una delle cavie di Mengele e tra lui e Fischer nascerà un rapporto di affetto che arricchirà entrambi, nonostante le aspettative future e il finale potrebbero non essere delle migliori.

Forse in tutto quell’orrore potrà fiorire qualcosa di insperato o forse niente avrà salvezza e tutto proseguirà così come è iniziato.

“Di fianco, vide sporgere gli occhialini rotti e una lametta per rasare la barba. In quel momento, capì dove tutto era iniziato: nelle cose piccole e comuni, nella banalità delle azioni quotidiane, nell’inconsapevolezza del pericolo. “

“Il bambino che disegnava le ombre” (Rizzoli, 2021) è il bellissimo giallo della scrittrice italiana, di origini lucane ma residente a Berlino, Oriana Ramunno.

Un romanzo che tiene il lettore attaccato alle pagine dalla prima all’ultima, tra la voglia di voler scoprire insieme a Fischer chi sia l’assassino e le immagini di luoghi di morte nei quali gli atti violenti e disumani non mancano mai.

Oriana Ramunno
Tra storia e fiction ci ritroviamo a riflettere su fatti accaduti in un periodo da sempre molto discusso e la bellezza di questo libro sta anche nell’intelligenza di non cadere mai neipregiudizi e nell’aver creato personaggi realistici perfetti per il contesto descritto. 

Ed entriamo nella psiche di chi lavora nei campi facendoci intuire che per nessuno era semplice stare lì, neppure per gli stessi tedeschi, andando così oltre i classici pregiudizi legati a questo periodo storico. 

Nelle storie dei vari soggetti non è difficile rintracciare la banalità del male di Hannah Arendt e l’olocausto come prodotto della modernità descritto e analizzato da Zygmunt Bauman.

“Hugo annuì. Conosceva i rischi dell’esporsi troppo e male. Per questo stava zitto da anni. Per questo appuntava con cura sul cappotto la spilla rossa con la svastica. In tanti, come lui, tacevano perché consapevoli del pericolo.”

Auschwitz e Birkenau poi sono divenuti luoghi simbolo e le descrizioni della Ramunno sono così realiste e dettagliate da avere l’impressione di trovarsi lì, ancora più per chi, come me, qui luoghi li ha visitati di persona.  

Un vero e proprio inferno nel quale le situazioni crude, alcune a prova di stomaci forti, non vengono risparmiate.

“Odiò Auschwitz. Quel luogo lo avrebbe rovinato per sempre, lo avrebbe risucchiato e stritolato, se non fosse fuggito il prima possibile lasciandosi tutto alle spalle.”

“Il bambino che disegnava le ombre” è davvero bello, coinvolgente, triste e disperato ma al contempo ricco di speranza, quella scaturisce dalle cose più piccole, di suspence (la prospettiva di un film mi ha solleticato più volte durante la lettura), e commuove profondamente, grazie a Fischer, così risoluto e fragile, e soprattutto a Gioele, ancora piccolo ma già così adulto, consapevole del mondo che lo circonda e con una profonda necessità di umanità.

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venerdì 4 giugno 2021

“La donna gelata” di Annie Ernaux: lo smarrimento e la passione di una ragazza sulla strada dell’età adulta tra sentimentalismo e sessualità

La donna gelata, Annie Ernaux


“Percorso ammirevole, quello di una libertà senza scarti o deviazioni, ma io non ne sono mai stata capace. Mi attendono anni di tira e molla con me stessa, di compromessi. È pieno di ragazze che stanno sole per mesi, le si vedono andare in giro tutte le sere, quasi sdegnose, per poi un bel giorno essere beccate in un anfratto buio con un tale, urletti di sorpresa e di riprovazione, da loro non ce lo saremmo mai aspettare, e poi rivederle di nuovo sole. Lascia perdere, quelle è stramba. Sono una stramba anche io.”

Dopo “L’evento” la casa editrice L’orma editore è tornata con “La donna gelata” (febbraio 2021, traduzione di Lorenzo Flabbi), non l’ultimo romanzo (risale infatti al 1981 la pubblicazione da parte delle Éditions Gallimard) ma l’ultima traduzione in italiano della francese Annie Ernaux.

La scrittrice, classe 1940, all’epoca aveva quarantuno anni e quella che racconta è la sua storia di ragazza adolescente verso l’età adulta.

Sono gli anni Cinquanta, siamo nella provincia francese, le donne conducono le loro esistenze seguendo i dettami di un’epoca che le vedeva brave mogli e casalinghe, costrette dai dettami di una società tradizionalista che si preparava alla liberazione degli anni Settanta.

Lei trascorreva le giornate tra la scuola e l’attività commerciale dei genitori. Una madre amante dei libri che non amava dedicare il proprio tempo a spolverare o ad attività casalinghe non indispensabili. Un padre che non si faceva problemi a lavare i piatti, sbucciare le verdure o cucinare. Nonostante ciò, entrambi i genitori cominciarono ad un certo punto a chiedersi quando la figlia avrebbe deciso di sposarsi e costruire una famiglia. 

Al tempo stesso a scuola le voci erano diverse: le più ammiravano le madri che tiravano a lucido la casa quotidianamente e speravano di trasformarsi il prima possibile nelle loro sosia; altre, una minoranza, guardavano oltre, o almeno così era all’apparenza. Troppi tabù, troppe incoerenze, troppa voluttà in alcuni casi, per comprendere come comportarsi, chi ascoltare, cosa e a chi credere. Educazione sociale, sentimentale e sessuale vanno di pari passo, la donna che non poteva esprimersi liberamente, l’universo maschile che dettava le regole, l’inesistenza della collaborazione tra marito e moglie.

Annie Ernaux

Sono trascorsi diversi anni ma le parole di Annie Ernaux sono ancora una volta attualissime. Di strada se ne è fatta tanto, in quanto a diritti delle donne, ma tanto c’è da fare e troppo ci ricorda ancora un passato che fatica a trasformarsi una volta per tutte annullando la distanza tra uomo e donne, tra ruoli maschili e femminili.

“Quanto a me, non avrei mai voluto avere una madre il cui volto non si fosse illuminato di piacere davanti a libri e riviste, che non si fosse concessa quei momenti di follia settimanale, lontana dai barattoli di marmellata e dai clienti a credito, da tutto quel cibo in scatola, freddo, no, non la volevo una madre convinta che leggere fosse una perdita di tempo.”

Tra i titoli più attesi di questo nuovo anno, “La donna gelata” è un flusso di coscienza, uno sgorgare di parole che dovevano essere tirate fuori come uno sfogo necessario, una liberazione che venisse resa nota per aiutare a comprendere meglio la società nella quale viviamo oggi.

Passione e desiderio, in tutte le loro forme, non mancano mai e rendono così unica questa scrittrice unica nel panorama letterario contemporaneo.

Per quanto ancora dovrà essere complicato per una donna farsi avanti, esprimere le proprie ambizioni senza essere sottoposta ad un giudizio maschile, vivere una vita di coppia che vada oltre i luoghi comuni, distaccarsi dall’immagina sempiterna dell’angelo del focolare dedito allo stiraggio e alla lettura di riviste femminili?

Annie Ernaux ha reinventato i modi e le possibilità dell’autobiografia, è una donna che ha vissuto tanto, e sempre ardentemente, ed è proprio questo il motivo per il quale è necessario che venga letta, perché possa essere un esempio o se non altro un riferimento importante per chi come lei si è sentita disorientata, e lo si sente ancora, in una realtà non ancora abbastanza pronta a cancellare un mondo che del maschilismo ha fatto la sua forza.

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