martedì 28 gennaio 2020

“La giusta distanza” di Sara Rattaro: perché la vita altro non è che una giostra di emozioni

La giusta distanza, Sara Rattaro

“Era questa la verità? O eravamo anche altro? Due sopravvissuti al tempo e alla vita che ti attacca come un cane rabbioso?”
Chi, come me, legge da sempre Sara Rattaro sa che sfogliare le pagine dei suoi libri significa addentrarsi in un intrico di emozioni forti, tra storie realistiche nelle quali l’amore, in tutte le sue forme, è il protagonista incontrastato.

“La giusta distanza” (Sperling & Kupfer, gennaio 2020) è fresco di stampa e ho provato a farlo durare il più possibile ma anche questa volta le quasi 250 pagine sono volate.

Questa è la storia di un uomo e una donna seduti uno accanto all’altra su un volo internazionale. 

Improvvisamente una serie di turbolenze scuotono il velivolo, la paura dilaga e i due si stringono la mano, come se lo avessero sempre fatto, come se quel momento fosse l’ultimo della loro vita

L’aereo, con una manovra di fortuna, riesce ad atterrare, ma qualcosa ha legato i due irrimediabilmente e trascorrono insieme la notte. Ma chi sono quest’uomo e questa donna che sembrano non avere nessuno da avvisare e solo loro stessi per consolarsi? Quali le loro storie e i loro tormenti?

“La giusta distanza” non è solo questo, va ben oltre la storia di due sconosciuti che si avvicinano per il timore di non avere altri giorni a loro disposizione.

Non voglio svelare troppo ma è una storia di sofferenza, di amore, di opportunità mancate, di vita quotidiana fatta di soddisfazioni, di perdite, di conquiste e di decisioni difficili.

“Ma se non si può appartenere a un mondo che non
Sara Rattaro
esiste, allora perché avevo la sensazione che tutta quella follia mi sarebbe mancata?”

È anche la storia di una giovane ragazza, poi donna, la cui vita è circondata dalla matematica, l’unica sua certezza. È questa che l’aiuta a prendere le scelte più difficili e con questa paragona ciò che le accade.

“In matematica, per definire la distanza dobbiamo sapere quanto misura la lontananza tra due punti. In una relazione umana, la distanza è il più breve percorso intrapreso tra due persone per incontrarsi.”

Ma soprattutto è un groviglio di storie d’amore, quelle tra genitori e figli, tra amanti, tra persone che si conoscono casualmente e altrettanto casualmente tentano di andare avanti.

“La bellezza di un amore non è né all'inizio né alla fine, è nel mentre.”

Un romanzo ancora una volta profondo, commovente, storie nelle quali riconoscersi, frasi da ricordare, speranze da tenere nel cuore, pagine da leggere e rileggere ogni volta con nuova emozione.

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martedì 21 gennaio 2020

“Il rumore di una chiocciola che mangia” di Elisabeth Tova Bailey: come un piccolo gasteropode può alleggerire la malattia

Il rumore di una chiocciola che mangia, Elisabeth Tova Bailey

“Mi domandai perché avesse pensato che una chiocciola mi sarebbe piaciuta. Che cosa mai avrei potuto farmene? Non potevo scendere dal letto e riportarla nel bosco. Non la trovavo molto interessante e, se era viva, la responsabilità, soprattutto nei confronti di una chiocciola, era davvero fuori luogo, troppo per me.”
Una chiocciola trascorre il suo tempo tra foglie secche e terriccio, mangia, dorme, di tanto in tanto va in ibernazione o in estivazione e… che noia direte voi ma non è per nulla così. 

A rendere speciale questa storia è il fatto che si tratti di una storia vera, quella dell’autrice Elisabeth Tova Bailey che a causa di una malattia rara si trova costretta a letto e quando un’amica le regala un vaso di violette selvatiche e sotto le foglie ci trova una piccola chiocciola dei boschi la sua vita cambia per sempre.

La piccola chiocciola le fa compagnia, osservarla l’aiuta a trascorrere il tempo in maniera meno dolorosa, provando un conforto che mai avrebbe immaginato. Tutti abbiamo visto una chiocciola ma quanto sappiamo di come è realmente fatta? Elisabeth si incuriosisce e comincia ad approfondire le sue conoscenze relative all’anatomia, le abitudini di vita, il corteggiamento di questo piccolo mollusco gasteropode. Un anno a letto è lungo ma se lo si trascorre insieme ad un compagno che non ha fretta le cose sono diverse e persino il sottile rumore della chiocciola mentre mangia assume un significato differente e sfumature sensoriali inaspettate.

“A pochi centimetri dal mio letto, e a poca distanza l’uno dell’altro, c’erano il terrario e un orologio. Mentre nel terrario la vita fioriva, il tempo svaniva a colpi di secondi. Ma il rapporto tra il tempo e la chiocciola mi confondeva. Lei si muoveva nel terrario mentre le lancette dell’orologio si spostavano appena, quindi spesso pensavo che viaggiasse più veloce del tempo.”

De “Il rumore di una chiocciola che mangia” (Marsilio, settembre 2018, traduzione di Ada Arduini, illustrazioni a matita di Katy Bray) ne parlò con entusiasmo Piero Dorfles in occasione dell’ultima edizione di “Un pugno di libri”, misi in lista il suo consiglio letterario e ora ho capito la bellezza di questo libro.

Non a caso si è portato a casa premi importanti come la Medaglia dedicata a John Burroughs per essersi distinta nell’ambito della Storia Naturale, il Premio William Saroyan International come non fiction, il Premio National Outdoor Book in ambito naturalistico e
Elisabeth Tova Bailey
diverse altre menzioni d’onore.

Questa è una storia che nasce quasi per caso, come la misteriosa malattia dell’autrice, come l’improvvisa comparsa della piccola chiocciola.

Ma sapete poi quanto può essere impegnativo allevare una chiocciola in cattività affinché questa abbia una vita (che poi riprenderà il suo regolare corso nel bosco) il più naturale possibile?

E sapete quante cose non sappiamo di questo animale? Dalle migliaia di denti in suo possesso ai dardi che crea per l’accoppiamento, dai mille usi della bava alla migrazione delle chiocciole nei luoghi più impensati.

“Chi di noi è malato custodisce le paure di chi è in buona salute.”

“Il rumore di una chiocciola che mangia” è anche una riflessione sulla malattia, su come il tempo trascorre per una persona malata, su quanto anche una piccola distrazione come una chiocciola possa fare la differenza.

Un romanzo davvero bello e particolare che si fa divorare e che affascina irrimediabilmente.

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giovedì 16 gennaio 2020

“Le leggende della tigre” di Nicolai Lillin: un incredibile viaggio tra leggende e coraggiose donne siberiane

Le leggende della tigre, Nicolai Lilin

“Ogni uomo che porta i propri desideri nella foresta si connette al grande mondo della natura, dove tutto è legato da fili invisibili: gli alberi più vecchi agli insetti più piccoli, gli animali più feroci alle creature più fragili. L’anima della Taiga è come l’acqua del grande Oceano, avvolge ogni cosa. Se apri il tuo cuore e ti liberi dalle distrazioni, riesci a percepire dentro di te la sua energia pulsante, il suo respiro che ti attraversa il corpo.”
Ancora una volta Buon Anno Nuovo a tutti lettrici e lettori!

Questa è la mia quarta recensione del 2020 ma si tratta del primo libro letto in questo nuovo anno! Ho voluto inaugurare l’anno con un autore che non avevo mai letto prima d’ora ma che mi attira dai tempi di “Educazione siberiana”.

Si tratta di Nicolai Lilin e del suo “Le leggende della tigre” (Einaudi, ottobre 2019) con il quale mi ha davvero conquistato.

Siamo in Siberia e due veterinari stanno attraversando la foresta per raggiungere un raro esemplare di tigre bianca. Sono giovani ed inesperti e quando sopraggiunge la tempesta non sanno come affrontarla né dove e come ripararsi. Improvvisamente compare un bambino vestito di bianco che mostra loro la via verso una baita di legno, la loro salvezza. 

Dentro vengono accolti da Filaret, un vecchio misterioso che li scalda con il suo fuoco e con tisane calde. Ma soprattutto con le sue incredibile storie di spiriti, di sciamani, di pionieri in cerca di fortuna, di uomini per metà animali, di amori difficili.

Storie che si intrecciano con arcaiche leggende siberiane, miti della Taiga affascinanti e fuori dal tempo.

Quasi centocinquanta pagine colme di ricchezza culturale e spirituale, di rispetto per la natura, di uomini ma soprattutto donne coraggiose che non si limitano ad occuparsi del focolare domestico. La visione di un mondo che non esiste più ma che continua, con la sua eco, ad insegnare tanto all'uomo cosiddetto moderno.

Filaret altro non è che un cantastorie che con i suoi racconti ha riempito un'esistenza e si occupa ora di ammonire ed arricchire il passaggio di coloro che vi arrivano con buone intenzioni.

Un libro che affascina, da leggere e rileggere, del quale rimanere incantati per la sua poesia, il sapore antico e il suo saper essere così visionario.

Una piccola curiosità: fra le varie leggende narrate vi è quella di Masha e Orso, ben diversa da quella che conosciamo tramite i cartoni animati, tanto per cominciare Masha si chiama Katerina e non è una bambina…


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lunedì 13 gennaio 2020

“Storie di ordinario disagio” di Mariarosaria Conte, dalla raccolta di racconti #prendiamolipermano


“A Miriam si illuminò il viso. Era bella quella ragazzina, Emilia lo aveva sempre pensato, aveva uno sguardo intelligente, che sapeva attraversarti da parte a parte. Ma a soli sei anni era già una donnina che aveva imparato come muoversi, come attirare l’attenzione in maniera quasi… lasciva; e questo suo atteggiamento ad Emilia disturbava tanto, le dava quasi la nausea.”
Quello della maestra non è un mestiere semplice e non neppure corretto definirlo ‘mestiere’ perché l’insegnamento è una vera e propria vocazione ed insegnare nella scuola primaria è ancora più importante perché sono gli anni di formazione più importanti per un/a bambino/a, quelli nei quali si impara a leggere e a scrivere, a studiare, ad avere un rapporto più maturo con compagni e maestre/i.

Mariarosaria Conte, scrittrice napoletana che, nonostante la laurea in Giurisprudenza, ha deciso di abbandonare la carriera in ambito legale per dedicarsi all'insegnamento nella scuola primaria, ci regala un bellissimo racconto con protagonisti bambini con storie differenti.

“Storie di ordinario disagio” racconta le storie di Emilia, una maestra campana che ci mette il cuore nel suo lavoro e che talvolta si trova a dover affrontare situazioni complicate. Tra queste vi sono le vicende di Miriam, la bambina di sei anni che si comporta come una donnina e che parla sempre di questo uomo fin troppo presente nella sua vita; c’è poi Raffaele, diagnosi di ‘mutismo selettivo’, che non sa ancora fare la pipì come i bambini
Mariarosaria Conte
grandi; infine Marco, bambino aggressivo figlio di un boss della zona. 

Per ognuno di essi prova a fare qualcosa per aiutarli ad integrarsi, ad andare avanti con serenità almeno nel contesto scolastico. Troppi fattori influenzano le sue decisioni ma di chi si ricorderanno un giorno quei bambini, di chi ha lasciato fare loro ciò che volevano o di chi è stato loro dietro con passione e affetto?

“Storie di ordinario disagio” fa parte della raccolta, nata dall’omonimo Premio letterario, #Prendiamolipermano (Edizioni MEA, novembre 2019, prefazione di Maurizio de Giovanni, introduzione di Maria Luisa Iavarone e conclusioni di Cristiana Barone) dedicata alle problematiche del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.

Proprio l’infanzia negata è la protagonista delle quasi trecento pagine che narrano storie di ogni tipo con in comune questa tematica.

Mariarosaria Conte, con il suo stile sempre chiaro e diretto, si fa divorare e commuove con le storie dei tre bambini dei quali ci mostra anche una sorta di postfazione, svelando il futuro di alcuni di essi.

Un racconto intenso, drammatico, toccante e purtroppo molto più reale di quanto ci si potrebbe immaginare.

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giovedì 9 gennaio 2020

“Qualcosa respira nel ripostiglio” di C. Martin: un viaggio nell’orrore tra gelatine, scheletri e strani mondi da incubo


Qualcosa respira nel ripostiglio, C. Martin
“Furono le uniche cose che mi vennero in mente, anche se sembrava poco probabile, visto che li avevo notati mentre abbandonavano l’aula con il resto della classe. Allora chi stava respirando nel ripostiglio? I avvicinai alla fessura della porta e cercai di sbirciare dentro, quando un rumore, a un tratto, mi fece sussultare.”
Ci sono libri capaci di catapultare il lettore indietro nel tempo, a quegli anni nei quali, noi anni '80, leggevamo i “Piccoli brividi” di R.L. Stine e trascorrevano le notti a guardare film horror divenuti cult del genere. 

“Qualcosa respira nel ripostiglio e altri racconti per non dormire” (Officina Milena, ottobre 2019) fa certamente parte di questi e quale miglior periodo di quello invernale per dedicarsi a letture simili?

C. Martin ci regala una raccolta con tre racconti dell’orrore, “Qualcosa respira nel ripostiglio”Una terribile gelatina” e “Fairyland”.

Il primo, e più lungo dei tre, vede protagonista Greg e Sandy, due dodicenni compagni di scuola quotidianamente alle prese con i bulli della scuola. Entrambi coraggiosi sono tra i pochi a farsi valere nei confronti di questi ultimi fino a quando, un giorno, Greg sente dei rumori nel ripostiglio nel quale la prof.ssa Desher, che tutti considerano una donna strana, tiene, chiuso a chiave, il materiale che usa a lezione. Secondo lui lì dentro c’è qualcosa di vivo, che respira, ma cosa? Sandy decide di dare una mano all'amico ma non immagina in quale spaventosa situazione stanno per cacciarsi. 

Nel secondo racconto la protagonista è Tara, anch'essa dodicenne, che vive con i genitori e il fratello Roger che proprio non sopporta. Ha anche un amico, Jerry, con il quale trascorre il tempo libero e sta preparando il nuovo progetto di scienze. Dovrà essere qualcosa di diverso tutti gli altri perché stavolta vogliono vincere loro. La scelta non è semplice ma poi
Tara scorge quel barattolo di gelatina Jelly in frigo e non ha dubbi! Sarà quello il loro progetto! Ma se l’esperimento non andasse come pensano? E se questa non fosse una semplice gelatina?

Richy e Dana trascorrono ogni anno le vacanze dai nonni e la nonna ogni notte racconta loro bellissime storie. I due fratelli però non vanno per nulla d’accordo, l’ennesima lite durante il viaggio di ritorno provoca un incidente e i due si ritrovano soli nel bosco. Dove sono finiti i genitori? E cos'è quello strano luogo popolato da strani esseri che sembra essere uscito fuori dalla storia fantastica che la nonna stava leggendo loro? E se questo regno si trasformasse in un incubo?

Storie da brivido per grandi e piccoli (dai 10 anni in su), un libro con il quale trascorrere qualche ora in compagnia di storie amabili, ricche di tensione e di un pizzico di ironia.

A renderle ancora più piacevoli le belle illustrazioni di Diana D. Gallese ed una splendida copertina che non passa inosservata.

Una scrittura scorrevole, un mondo, quello adolescenziale, ideale per questo genere letterario e la piacevolezza di ritrovare riferimenti agli immaginari e agli autori classici del gotico e dell’orrore.  

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domenica 5 gennaio 2020

“Il tram di Natale” di Giosuè Calaciura: un romanzo natalizio con un insegnamento per tutto l’anno

Il tram di Natale, Giosuè Calaciura

“Quel bambino era perfetto: con gli occhi chiusi, abbandonato al sonno con la fronte serena, le orecchie piccolissime lavorate nel marzapane, il meno lucidato a passate gentili di carta smeriglio, il naso minimo per respiri come aliti di vento, le braccia robuste di benessere che terminavano nei piccoli pugni chiusi, preceduti dalle fossette della carne nuova, croccante come appena sfornata, profumata di arancia. I piedi uscivano fuori dalla coperta così disegnati e puliti che sembravano scolpiti con il marmo delle chiese. Ogni tanto, un leggero fremito li scuoteva.”
Anche quest’anno le festività volgono al termine e un mese fa circa ho letto questo bel libro, che da tempo avevo in lista, ambientato nel periodo natalizio ma che può essere letto tutto l’anno per il suo messaggio universale valido ogni giorni della nostra vita.

“Il tram di Natale” (Sellerio editore Palermo, 2018) è l’ultimo romanzo del giornalista e scrittore siciliano, classe 1960, Giosuè Calaciura.

È la vigilia di Natale e il tram viaggia lungo la periferia di una città italiana trasportando principalmente persone povere che hanno appena terminato la loro giornata. 

Incontriamo e conosciamo una prostituta africana e il suo cliente, un’infermiera che si sente sola in quanto la sua ultima paziente, nonché amica, è morta, un clandestino che vive di espedienti, un artista che non vuole arrendersi alla malattia degenerativa che lo ha colpito.
Giosuè Calaciura

Ma su quel tram c’è anche un piccolo viaggiatore, un bambino che è stato lasciato lì da qualcuno, attaccato ad uno dei sedili così bene che curve frenate del mezzo non lo disturbino. A un certo punto qualcuno si accorge di lui ed è una sorta di piccolo miracolo,  un simbolo di speranza, quel tram si trasforma nella grotta nella quale Gesù nacque, con tante persone ad ammirarlo e adorarlo. 

Ma chi avrà abbandonato lì quel bambino? E perché?

“Il tram di Natale” è bello, poetico, reale. Un viaggio in un mondo che esiste ma che talvolta viene ignorato perché andare oltre, chiudere gli occhi è spesso più semplice e meno doloroso.

Un inno alla fratellanza, quella vera e non artificiosa.  

Una piccola opera d’arte di Calaciura, un “Canto di Natale” moderno che racchiude sofferenze e difficoltà, che mostra l’importanza del non soffermarsi all'apparenza e di aprire gli occhi e mostrarsi gentili, in ogni periodo dell’anno, con chi di gentilezza non ne incontra tanta.

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