“Niente da fare,
nonostante tutto l’impegno, Lucia non riesce a non piangere. Inizia ad
emettere, forse inconsciamente, una sorta di flebile lamento, quasi un pigolio.
Lui è uscito dalla cucina, ma non è sicura che sia uscito dall’appartamento.
Deve rimanere calma, se la sente piangere, potrebbe ritornare e non se la
caverebbe con quattro ‘segni’. Lui trova una forza maggiore dalle sue lacrime,
le sue lacrime gli generano una sorta di impeto satanico, di fronte al suo
dolore lui è implacabile.”
Mariarosaria Conte è
tornata con una nuova storia, quella di Lucia, giovane donna che ha avuto la
sfortuna di nascere da due genitori troppo giovani e immaturi e di incontrare
un uomo all'apparenzapremuroso e gentile ma nella realtà instabile e violento.
I risvolti, come potete ben immaginare, non sono positivi e le ragioni di lui,
di una mente malata, sono tra le più assurde ma leggere tutto ciò su carta è da
brividi. Vedere quelle scene, assistere a lei che desidera solamente essere
lasciata in pace prima, e che spera in un aiuto salvifico poi, non è per nulla
semplice.
“Lucia” nasce dalla penna
sicura e incisiva di Mariarosaria Conte e finisce, scelto tra oltre duecento,
nella raccolta “Il dolore del silenzio” (Edizioni MEA, 2019, parte del ricavato
andrà in beneficenza a sostenere le iniziative della associazione Donne per il
Sociale Onlus) grazie al contest letterario #dAmoreNONsimuore.
Presentato l’8 marzo, una
data non certo casuale, questo libro ha come tema la violenza in ogni sua
sfumatura. Gli autori sono 21, proprio come le storie che si alternano tra
loro. Si parla di violenza fisica, di quella psichica, di quella ossessiva, con
vittime, carnefici, spettatori inermi e risvolti troppo spesso prevedibili.
Mariarosaria Conte
Un tema purtroppo
attualissimo, una vera e propria piaga del nostro tempo, per il quale è
necessario informare e sensibilizzare le persone affinché le tendenze si
invertano, perché tutto questo non è e non deve essere considerato normalità ma
eccezione da non replicare.
“Lucia” è un racconto
breve denso di emozioni, di rabbia, di voglia di rivendicazione e di amore per
tutte quelle donne che si ritrovano a subire senza avere colpa alcuna.
“Lei era felice di essere
invisibile agli occhi degli altri.”
Lucia resiste, prova a
farsi forza ma non è semplice e arriva a desiderare di diventare invisibile,
come già le sembra di essere. Qualcuno, fortunatamente, le farà cambiare idea,
appena in tempo.
Un racconto per ricordare
che nascere donne non è un peccato, che incontrare un uomo sbagliato non è la
fine di tutto, che farsi aiutare è importante, fondamentale, che la mente è
influenzabile ma pensare con il nostro cervello e soprattutto pensare a noi stesse,
viene prima di tutto e tutti.
“Secondo: esistono
parecchi tipi di amore. Uno è un sentimento egoista, cattivo, possessivo,
egocentrico, che scambia l’amore per presunzione. Questo tipo di amore è
squallido e rovinoso. L’altro è un’espressione di tutto ciò che c’è di buono in
te – gentilezza, riguardo e rispetto: non solo il rispetto delle buone maniere,
ma quello più in alto, che consiste nel riconoscere un’altra persona come unica
e preziosa. Il primo tipo di amore può renderti malato, piccolo e debole, ma il
secondo libera in te forza, coraggio e bontà, e anche una saggezza che non
pensavi di possedere.”
Appena trentadue pagine
per una lettera densa di significato e di affetto per quel figlio adolescente
che a quattordici anni confessò ai genitori di essersi innamorato,
probabilmente per la prima volta.
Tutti noi conosciamo John
Steinbeck come grande romanziere, colui che vinse il Nobel per la Letteratura nel
1962, ma sapevate che era anche un appassionato scrittore di lettere? Ne scriva
a tutti, agli amici, ai familiari, al suo editor e a chiunque ritenesse
necessario.
Anni dopo la morte dello
scrittore americano, avvenuta nel 1968, nella sua corrispondenza è stata
trovata una lettera indirizzata al figlio Thom che si era innamorato di Susan,
una compagna di scuola. Presumibilmente conscio dell’esperienza del padre, Thom
chiede
John Steinbeck
come affrontare questo sentimento per lui nuovo e tanto travolgente.
Il padre gli dedica così
parole colme di dolcezza, di saggezza, consapevoli dell’inesperienza e
dell’ingenuità del figlio ancora così giovane.
“Lettera a Thom sull’amore” (Bompiani,
novembre 2018, traduzione di Betrice Masini) è reso ancora più bello dalle
illustrazioni di Alessandro Gottardo, alias Shout.
Non nego che mi sarei
aspettata qualcosa di più da un libro dal costo piuttosto elevato (15€) che si
legge in cinque minuti ma è comunque di un testo particolare con anche, tra le
ultime pagine, la versione in lingua originale, che non guasta mai.
“Pearl non vede l’ora che
sia domani. Se con il suo papà si diverte tantissimo, figuriamoci con due! A
casa di Matilda passerà una serata fantastica! Se ai papà di Pearl piacciono le
torte e le caramelle come al mio, forse per cena avremo un sacco di dolci!,
pensa Pearl.”
Family Day, polemiche su
adozioni da parte di coppie omosessuali, aborto… Ne abbiamo sentito di cotte e
di crude nell'ultimo periodo. Ognuno può avere le sue opinioni, la libertà di
parola e di pensiero è una grande conquista dell’umanità, ma talvolta tutti noi
dovremo imparare ad andare oltre, tornando un po’ bambini e ricordando come
pensavamo allora, senza preconcetti o tabù di alcun tipo.
“La bambina con due papà”
(De Agostini, gennaio 2019, traduzione di Valentina Deiana), titolo che farà
storcere il naso ai benpensanti, è un libro bellissimo che racconta l’amicizia
tra due bambine piccole, una con una madre e un padre, l’altra con due papà.
La prima non sapeva ci
fossero famiglie simili e si chiede quali meraviglie possa vivere la sua
compagna di scuola, chissà cosa farà con questi due papà, mangerà montagne di
dolci? Salterà sul letto tutto il giorno?
Poi un giorno viene
invitata a casa della bambina e… sorpresa! Si fanno le stesse identiche
Mel Elliott
cose di
casa sua! Le regole e i divieti non mancano. L’amica ha due papà che sono
noiosi proprio come la sua mamma e il suo papà.
Pearl è delusa ma ora sa
che la sua amica Matilda è come lei, poco importa chi la attende a casa o va a
prenderla a scuola. Sono due bambine felici perché hanno genitori che si
vogliono bene e che vogliono bene alle loro figlie.
Questo è sufficiente e le
bambine non si pongono altre inutili domande.
Trentadue pagine
arricchite dalle splendide illustrazioni dell’autrice Mel Elliott, pagine dense
di amore. Quest’ultima è la parola fondamentale, nient’altro conta,
nessun’altro concetto o quesito potrebbe spiegare o dire di più al riguardo.
Adatto ai bambini dai 4-5
anni in su e consigliato a tutti quegli adulti bigotti che ancora faticano a
comprendere e ad aprire gli occhi.
“Da allora, nulla, fra me
e mio marito, fu più come prima. Qualcosa si era rotto. E capii che non si
sarebbe mai più aggiustato. Ci sono linee di confine da cui, una volta oltrepassate,
è impossibile tornare indietro.”
Matteo e Rachele si sono
conosciuti casualmente in un locale, lei aveva appena lasciato il ragazzo dopo
averlo trovato insieme ad un'altra. Il loro è un avvicinarsi per consolarsi a
vicenda e in breve tempo si innamorano, si sposano e nasce persino una
bellissima bambina. Gli anni però passano, gli equilibri si modificano e
cominciano le liti, le urla, i tradimenti e la violenza.
Lui non l’ha mai picchiata
ma in un momento di collera ci è andato molto vicino e le scuse successive non
sono state sufficienti. Il gesto non è certo piaciuto a Rachele e non riesce a
dimenticare. La mente umana è complicata, le idee che possono passare per la
testa sono infinite, talvolta terrificanti, e la mente della giovane donna elaborerà
un piano che travolgerà tutto e tutti.
Ma cosa è accaduto
realmente e chi ha ragione? Si parla di omicidio… Le voci sono tante, diverse, ognuna
esprime la sua verità e chissà quale tra queste risulterà migliore…
In attesa del prossimo
romanzo Nicola Rocca è tornato con un nuovo atteso racconto, “Bugiarde verità”
(Enneerre, 12 aprile 2019), anche stavolta un noir, nel quale la tematica
centrale, purtroppo attualissima, è la violenza sulle donne.
Un uomo tenta di alzare
le mani su una donna, sua moglie, e, pur non uccidendola, le
Nicola Rocca
conseguenze sono
catastrofiche. Ci si chiede quindi quale sia il confine tra simulare un gesto
violento e metterlo in pratica. Vi è forse una scala di gravità che giustifica
il primo e condanna il secondo?
A tal riguardo è
interessante e intrigante sentire le voci dei soggetti coinvolti, formulare una
propria idea per vederla scardinata un attimo dopo.
“Del resto, la verità è
una puttana che nessuno vuole portarsi a letto.”
Ancora una volta nulla è
come sembra e ben presto ci rendiamo conto che la verità non è assoluta,
tantomeno in questo racconto.
Se non altro, per quanto
questo non possa essere considerato un vanto, per una volta i ruoli si invertono
e il finale è ben differente, e più machiavellico, da quello che si potrebbe
dedurre inizialmente.
“Non riuscivo a smettere di pensare a lei e alla
passione che metteva nel suo lavoro. Non era il solito resoconto di qualcosa
che è accaduto. Vittoria sembrava voler capire tutto di ogni cosa, senza farsi
sfuggire nemmeno un dettaglio, e non aveva paura di niente. C’era della magia
nelle sue parole o almeno così era per me.”
Ricordate “Il cacciatore
di sogni” (Mondadori, 2017), il racconto della vita dello scienziato Albert
Bruce Sabin, noto per aver sviluppato il vaccino contro la poliomielite?
Sara Rattaro è tornata
con una nuova biografia romanzata, “Sentirai parlare di me” (Mondadori,
febbraio 2019), la storia di Bianca, che frequenta la scuola media, che
vorrebbe fare la giornalista. Si occupa del giornale della scuola insieme
all’amico Martino e le piacerebbe coinvolgere anche Matteo per il quale ha una
bella cotta.
Poi un giorno a scuola arrivata Vittoria, una giornalista che
viene invitata nella sua classe per raccontare il suo mestiere e Bianca ne
rimane affascinata come non mai. Riesce poi ad incontrarla fuori scuola e prova
a chiederle consigli per un articolo che vuole scrivere su un misterioso street artist ma viene coinvolta in una
misteriosa indagine.
Sarà anche l’occasione per scoprire l’incredibile vita
dell’americana Elizabeth Jane
Cochran, alias Nellie Bly (1864-1922), la prima giornalista investigativa della
storia che non rinunciò alla sua passione nonostante le idee dell’epoca che
vedevano la donna succube dell’uomo e impiegata solamente in faccende
domestiche.
“Sentirai parlare di me” dovrebbe far parte di
quei libri la cui lettura è obbligatoria alle scuole medie. Tutti dovrebbero
conoscere la storia di Nellie Bly, bambini e bambine, soprattutto queste ultime
nella cui educazione è fondamentale la conoscenza di personaggi femminili che
hanno fatto la storia.
“Ecco, cosa imparai, quel giorno, grazie alla mia
professoressa. Anche se quello a cui
avevo assistito poteva sembrare banale,
trovare il modo giusto per raccontarlo non lo era affatto. Descrivere i
Sara Rattaro
fatti,
si chiama fare giornalismo.”
Nonostante gli anni nei quali ci troviamo
l’ignoranza è ancora tanta e in troppi sostengono ancora oggi che certi
mestieri non sono accessibili alle donne. Ma secondo quali criteri? Solo per il
fatto di trovarci in un mondo governato dagli uomini?
La scrittura di Sara
Rattaro, autrice di questo piccolo gioiello letterario, è ancora una volta
affascinante, chiara e diretta, e riesce a coinvolgere anche i più piccoli
portandoli in mondi lontani intrinsecamente connessi al nostro.
La storia di Nellie Bly
poi è incredibile, era una donna appassionata, ha sfidato tutto e tutti, si fece perfino
ricoverare in un istituto psichiatrico femminile per indagare sul trattamento
delle donne al suo interno.
Le dobbiamo tanto e in molti,
me compresa, non erano neppure a conoscenza della sua esistenza e del suo
coraggio.
Ben vengano libri del
genere, per conoscere, per crescere, per far sì che ogni bambino e bambina, nel
futuro uomini e donne, viva con consapevolezza, senza discriminazioni, senza
violenze di genere, e con la libertà di fare ciò che desidera.
“Lui supera i cento
chili, lei non arriva ai quarantacinque. Cominciano a parlare. Continuano a
parlare. Parlando, discutono e s’amano per sei mesi, o almeno ci provano. La
notte di Capodanno salgono sulla bilancia per la prima volta da molto tempo.
Lui pesa settanta, lei cinquanta. Che sia l’inizio o la fine non importa a
nessuno dei due.”
Ci sono storie che ti
entrano nel cuore, sai che non le dimenticherai e hai la consapevolezza che non
sarai l’unica ad avere questa percezione. Questo è quanto ho provato leggendo “Breve
storia amorosa dei vasi comunicanti” edito pochi giorni fa dall'Einaudi.
Se ne parlava un po’
ovunque da un mese circa, se non più, mi incuriosiva ma mi insospettiva un po’
tutta quella pubblicità. Ora posso dire che Davide Mosca, autore di una decina
di romanzi e direttore di una libreria a Milano, ha fatto centro con pagine
forti e colme di sentimento.
“Le favole non esistono.
A meno che tu non ci creda.”
Remo ha ventiquattro
anni, è uno scrittore, o prova ad esserlo, ed un peso che aumenta di giorno in
giorno. La sua consolazione è il cibo, o almeno così crede. Si sente un fallito, persino la ragazza non ha retto e se ne è andata. Poi c’è Margherita, conosciuta
per caso nel bar che frequenta con gli amici, Sta per diplomarsi, lavora la
sera nel ristorante dei genitori e annota maniacalmente ogni caloria che
ingurgita. Lui è bulimico, con i suoi oltre cento chili, lei anoressica e non
raggiunge i quaranta. Entrambi combattono con demoni che hanno colonizzato le
loro esistenze ma può un incontro cambiare qualcosa? Se ballare insieme
significasse riconoscersi e rinascere?
“Breve storia amorosa dei
vasi comunicanti” è bellissimo e questo è senza dubbio l’aggettivo che più gli
si addice. Comincia con parole dirette e d’amore e termina allo stesso modo.
È uno di quei libri pieni
di frase belli, da segnarsi, da ricordare, da fare proprie.
Remo e Margherita sono
tanto complicati quanto affascinanti in maniera sfacciatamente normale. Le loro vite non sono semplici per diversi
motivi, lui ha voglia di parlare e di essere ascoltato, lei desidera essere
lasciata in pace e vuole allontanarsi da chi non fa altro che chiedere senza
dare nulla.
“Io ballavo il sabba con
i miei demoni ogni giorno. E ogni giorno era buio. Ero inquisitore e strega.
Bruciavo il demone e il demone ero io.”
La voce narrante è
maschile e anche questo rende il romanzo particolare. Remo cresce e
Davide Mosca
acquisisce
coscienza pagina dopo pagina con il dubbio che possa non farcela. Ma quando
incontra Margherita tutto cambia e lui quasi non se ne accorge o comunque non
subito.
“Mi zittii, stanco della
mia voce. Non parlavo così tanto da mesi. Quella piccoletta aveva il potere di
farmi credere che le mie storie fossero interessanti. Che potesse esservi
qualcuno desideroso di ascoltarle. E fin quando le storie continuano, è come se
la realtà non esistesse più.”
È una storia intima e al
tempo stesso plateale, è la scoperta di due coscienze che faticano ad emergere e
che trovano la forza l’uno dall'altra.
“Prima o poi tutti
abbiamo l’impressione che qualcosa ci chiami su una strada. Era bello tornare a
percepire quel genere di voci. Margherita era la mia.”
“Breve storia amorosa dei
vasi comunicanti” mostra come per cadere verso il basso basti un nulla mentre
ciò che è difficoltosa è la risalita; è la storia di due disagi, di come
vengono vissuti nella quotidianità, nelle notti di insonnia, nei momenti di
crisi, di solitudine, di confusione.
“Due occhi bastano per
vedere la bellezza, ma ne servono quattro per viverla.”
“Breve storia amorosa dei
vasi comunicanti” è una bellissima e concreta storia d’amore, un romanzo come
pochi altri, diverso non tanto per ciò che racconta ma per come lo fa.
Intenso, reale, commovente,
indimenticabile, denso di significato e di sensibilità.
“E mentre ci dimenavamo nell'odore penetrante dei nostri copri pensavo che essere innamorati è davvero
essere cretini insieme.”
“Avrei stretto quella mano nella mia,
avrei ballato senza chiudere gli occhi. Avrei trattenuto dentro di me ogni
singolo atomo di Alice, della sua giovane vita. Le avrei chiesto perdono perché
la stavo lasciando. Non rimanevo a proteggerla quando lei aveva più bisogno di
me. Fallivo miseramente, mentre lei doveva rimanere.” (“Balla per me”, C.
Biolcati)
Sono certa che tanti tra voi hanno sentito
parlare di Cristina Biolcati e letto qualche suo romanzo breve, racconto e/o
lirica.
Scrittrice talentuosa, leggete qualcosa di
suo se non l’avete ancora fatto, ha cominciato a pubblicare e partecipare a
concorsi nel 2013 e da sempre è una lettrice fortissima e appassionata di
scrittura, sia in prosa che in poesia.
Non essendo troppo avvezza all'utilizzo dei social la trovate solamente su Facebook ma è sufficiente per rimanere
aggiornati sulle nuove uscite, sui Premi letterari ai quali partecipa e per
avere un contatto diretto con lei, sempre interessata a conoscere il parere dei
suoi vecchi o nuovi lettori.
Il suo stile riconoscibile e l’incisività
ed eleganza della scrittura rendono i suoi scritti particolari e sempre
originali.
Cristina ha gentilmente dato disponibilità
per questa intervista e sono certa che sarà interessante sentirla parlare di
sé, delle sue esperienza con case editrice e selfpublishing, le sue preferenze
da lettrice, il suo ultimo romanzo breve e perfino un appello finale.
Lascio a lei la parola e buona lettura!
Cristina Biolcati
Benvenuta sul mio blog Cristina. Sono
felice di poterti ospitare, dopo diverse recensioni ai tuoi
libri.
Come e quando hai cominciato a scrivere?
Un saluto a te, Rebecca, e a tutti i tuoi
lettori. Sono onorata e ti ringrazio per lo spazio che mi concedi. Non è
retorica, ma seguo sempre il tuo blog, perché qui trovo recensioni a libri particolari
e di qualità. Non ti limiti a leggere quel che va per la maggiore, ma hai un
tuo criterio selettivo che io apprezzo. Per quanto mi riguarda, ho sempre
scritto, fin da quando avevo quattordici anni. Però, se vogliamo contare da
quando ho iniziato a pubblicare e fare concorsi, dobbiamo andare al 2013.
L’ultima tua pubblicazione è per la Delos
Digital, parlaci di questa esperienza.
In realtà, le mie ultime tre pubblicazioni
sono con Delos, una casa editrice specializzata nel digitale. A gestire il
tutto, anche se lui è schivo e rimane dietro le quinte, c’è Franco Forte, lo
stesso editor che cura la collana Giallo Mondadori e scrittore a sua volta. Per
cui ho pensato di essere in buone mani! E così ho continuato a cavalcare l’onda,
dato che la Delos ha dimostrato di apprezzare i miei scritti, che non sono mai
lunghi. Pena l’assenza del cartaceo, è vero, però io la ritengo una casa editrice
di qualità e sono soddisfatta.
In passato hai ottenuto pubblicazioni da
parte di altre case editrici ma ti sei anche autopubblicata. Come è stata l’esperienza del
selfpublishing? E quale è il tuo parere rispetto all’attuale panorama editoriale e la possibilità sempre
maggiore di autopubblicarsi?
Penso che un aspirante scrittore non possa
affacciarsi al mondo della pubblicazione senza avere provato anche il self. Perché non potrebbe poi parlare di
qualcosa che non ha sperimentato. L’autopubblicazione rappresenta una grande
opportunità, in quanto permette di velocizzare il processo e di essere notati.
Però è anche un’arma a doppio taglio: non garantisce la qualità. È un inizio,
certo, che dovrebbe essere supportato, in un secondo momento, dal lavoro di una
casa editrice (assolutamente non a pagamento). L’autopubblicazione fine a se
stessa, a lungo termine non paga. E io la consiglio soltanto a chi dovesse
avere una folta schiera di conoscenti su cui contare. In caso contrario, la
scrittura rimane una passione senza sviluppi.
Ci racconti in breve “L’uomo di
marmellata”?
L’uomo di marmellata” è nato un po’ per
gioco. Ho pensato a una ragazza giovane che, oltre ad avere perso l’amore della
sua vita (quello che lei reputava tale), viene anche beffata dalla nuova coppia
di amanti che si è costituita. Perché la sua rivale, non paga di averle portato
via il fidanzato, ha anche commesso un terribile plagio: le ha rubato un
manoscritto e ne ha fatto un romanzo. Uno scritto pessimo che, sfruttando la
sua popolarità, sta avendo purtroppo un discreto successo. Mi sono quindi
focalizzata sulla vendetta. Come farla pagare ad entrambi? E qui spero di avere
fatto sorridere il lettore. Confesso che, a tal proposito, mi sono tolta anche
qualche sassolino dalla scarpa.
Un aggettivo per definirlo?
Variegato
Poesia e narrativa: in quale tra i due ti
ritrovi maggiormente e/o a quale sei più legata e per quale
motivo?
Devo dire che la poesia è il mio primo
amore. La soddisfazione che mi dà una poesia scritta bene (non capita spesso,
eh?), non ha paragoni. Amo molto anche il racconto breve, nonostante la prosa
sia venuta dopo. Alternare prosa e poesia è quello a cui mi vorrei dedicare.
La poesia in Italia viene letta da pochi e
di conseguenza è complicato farsela pubblicare. Quale
pensi sia il motivo di tale difficoltà?
Qualche nuovo scrittore riesce ad
emergere, e case editrici importanti pubblicano i suoi romanzi. La stessa cosa
non avviene nel campo della poesia, è vero. Molti editori nemmeno la trattano e
continuano a “sfornare” nuove edizioni di raccolte di classici. La moltitudine
di gente che scrive poesie, oggigiorno, è davvero notevole, grazie anche ai
social e all’autopubblicazione. Per cui emergere è difficile. Se poi
aggiungiamo il fatto che non ci sia nemmeno troppa volontà di selezionare, da
parte degli editori, e che i lettori preferiscano dedicarsi ad altro, secondo
me rimangono i concorsi. In questo caso, almeno, con la poesia le soddisfazioni
arrivano!
Che tipo di lettrice sei? Quanti libri
leggi, in media, in un anno? Generi preferiti?
Sono una lettrice “onnivora”. Leggo un po’
di tutto, con la predilezione per i thriller e per i classici. Non saprei dirti
quanti libri leggo in un anno, ma comunque sono tanti.
L’ultimo libro letto?
“Conversazione su Tiresia” del maestro
Camilleri.
Chi vorresti ti leggesse? Hai un pubblico
in particolare al quale ti rivolgi?
Vorrei mi leggesse in particolare chi non
mi conosce, perché sarebbe libero da pregiudizi. “Alieno da ogni piaggeria”, come
si suol dire. Considero però un piccolo miracolo quando qualcuno mi dice che ha
letto un mio libro. Quindi sono benvenuti tutti, nessuno escluso.
Nuove tecnologie, e-books… cosa ne pensi e
quali ritieni siano i lati positivi e quelli negativi per gli aspiranti scrittori e/o per quelli con più
esperienza? Te lo chiedo tenendo in considerazione anche la tua esperienza di recensionista.
Una cosa che ha il potere di stranirmi,
però in senso positivo, è l’immediatezza con cui ci si può rendere partecipi
dei successi (o insuccessi) altrui. Oggi lo scrittore non è più un essere
isolato che possiamo conoscere solo attraverso la sua opera. Coi social,
sappiamo sempre dove si trova e cosa sta facendo. Il lettore (o il recensore) interagisce
con chi ha scritto quel romanzo che, fino a pochi minuti prima, stava leggendo
con tanta passione. Addirittura, io ho una scrittrice affermata che si rivolge
a me chiamandomi “amica mia”. E trovo che questo sia stato un grande passo
avanti per far sì che scrittura e lettura convergano, almeno un pochino.
Progetti futuri? Stai forse lavorando a
qualche nuova pubblicazione di narrativa e/o poesia?
Lo confesso solo a voi: vorrei cimentarmi
in un thriller. Ma è un genere difficile, dove nulla è lasciato al caso. E io
non so a chi far fare la parte dell’assassino! Questo la dice lunga. Quindi
meglio tornare a un genere che mi sia congeniale: la poesia. Ho raccolto una
silloge, di testi che hanno partecipato a dei concorsi. E sono in cerca di un
editore. Anzi, potrei mica fare un appello?
Biografia di Cristina Biolcati:
Cristina Biolcati è ferrarese, ma padovana d’adozione. Laureata in lettere, ama molto leggere. È autrice di poesie e racconti brevi. Fra le sue passioni: gli animali, l’arte e la filosofia. Collabora con alcune riviste digitali, dove scrive recensioni di libri e articoli letterari.
Opere pubblicate: Nessuno è al sicuro (Edizioni Simple, 2013), un saggio sugli attacchi di squalo in Italia dal 1926 a oggi; Ritorna mentre dormo (DrawUp Edizioni, 2013), una silloge poetica; L’ombra di Luca (Leucotea Edizioni, 2014), una raccolta di racconti brevi; Allodole e vento(Pagine srl, 2014), una seconda raccolta di poesie; Balla per me (Youcanprint, 2017), un romanzo breve; Se Robin Hood sapesse (Delos Digital, 2017), racconto rosa; Ciclamini al re (Delos Digital, 2018), racconto lungo, L'uomo di marmellata (Delos Digital, 2019).
Partecipa spesso a concorsi letterari, e spesso li vince anche, ed è presente coi suoi racconti e poesie in molte antologie collettive.
“Il gufo e la bambina
vivevano in un grande bosco. La bambina era rimasta sola, e il gufo le teneva
compagnia. La bambina si chiamava Stella. Il gufo era assai vecchio e la
bambina sapeva che un giorno sarebbe morto, e lei sarebbe rimasta per sempre da
sola. Questo pensiero la accompagnava tutti i giorni e la bambina era triste.”
Un altro libro illustrato
davvero carino con la particolarità che scrittrice e illustratore interagiscono
creando una storia divertente, dolcissima e unica nel suo genere.
Stella è una bambina che
ha come amico un gufo, un merlo e un porcello. Il gufo sta invecchiando
rapidamente ma né lei né gli altri amici vogliono che muoia e quando incontrano
lo strano mago scoprono che il problema è il tempo che scorre inesorabile e che
troppo spesso viene sprecato. I quattro decidono così di intraprendere un
incredibile e pericoloso viaggio alla ricerca del tempo perduto che potrà
allungare la vita dell’amico gufo.
Detto così non rende
abbastanza, ma immaginate questa trama intramezzata da situazioni divertenti,
quasi comiche, e dai litigi tra scrittore e illustratrice con pagine che di
tanto in tanto rimangono bianche.
L’età di lettura è dai 5
anni in su, sarà divertente leggerlo con i più piccoli ma non è male neppure
per un adulto che si trova a riflettere sulla difficoltà che può subentrare nel
corso di
Beppe Tosco
una collaborazione simili.
Non sempre le esigenze
dello scrittore incontrano quelle dell’illustratore e chissà quante discussioni
possono nascere per lavori simili.
"I quattro erano felici, in casa c'era allegria, e i soldi in più che guadagnava il porcello servivano per comperare quelle che cose che prima Stella, quando era sola col gufo, non si poteva permettere."
Al tempo stesso è davvero
divertente perché quando l’illustratore non segue le indicazioni dello
scrittore nascono personaggi assurdi che a volte si inseriscono addirittura
nella storia e lo scrittore è obbligato ad aggiungere, levare, creare nuove
avventura improvvisamente.
“Il gufo e la bambina”
(Bompiani, 2018) è l’originale creazione di Beppe Tosco (scrittore e autore
televisivo, creatore di numerosi testi comici) e Zosia Dzierzawska (polacca
classe 1983 che si è innamorata del corso di illustrazione editoriale di MiMaster
che l’ha portata a disegnare fumetti e libri illustrati in tutta Europa), alias
Leandro, una fiaba per piccoli per grandi con tanto di morale.
Un libro imprevedibile,
un po’ come la vita nella quale non sai mai cosa potrebbe accadere,
illustrazioni bellissime, una storia di amicizia e di consapevolezza della
preziosità del tempo.