martedì 25 giugno 2019

“Tutto sarà perfetto” di Lorenzo Marone: un viaggio tra acque cristalline, padri silenziosi e desiderio di non crescere

Tutto sarà perfetto, Lorenzo Marone

“Da allora mi separano oltre trent’anni e quarantacinque centimetri, un tempo e uno spazio che mi hanno portato a credere che non vale la pena riempirsi la testa di troppi dettami, che tanto nulla è mai progettabile e gestibile fino in fondo, e che è meglio anche non farsi tante domande se si vuole arrivare a sera. Tutto il contrario di mia sorella, che ha occupato il suo spazio di regole da rispettare così da giungere a un’illusoria perfezione.”
Mi sono innamorata della scrittura di Lorenzo Marone con “Magari domani resto”, mi è ricapitato con “Un ragazzo normale” e quando sono venuta a conoscenza dell’uscita di “Tutto sarà perfetto” (Feltrinelli, maggio 2019) ho cominciato il conto alla rovescia perché sapevo che sarebbe ricapitato qualcosa di molto bello, è così è stato!

Questa è la storia di Andrea Scotto, quarantenne immaturo che si ritrova a dover accudire il padre anziano e malato, con il quale non ha buoni rapporti, a causa della sorella Marina che con la famiglia è partita a trovare il suocero, anch'esso in cattive condizioni di salute. 

Libero è un comandante di navi ormai in pensione, un uomo rigido, dalle poche parole, che chiede ora al figlio di riportarlo a Procida dove vissero per anni prima di trasferirsi a Napoli, in seguito alla morte della moglie Delphine, di origine belga. Andrea sa che non dovrebbe acconsentire ma si lascia convincere e dopo anni sbarca anche lui su quell’isola che lo vide crescere, innamorarsi per la prima volta, gioire e soffrire. Nulla è perfetto né lo sarà mai ma forse sarà proprio questo a riportare Andrea verso ricordi sopiti e verso un equilibrio per troppo tempo atteso.  

“E se annuso l’aria lo posso sentire l’aroma dei limoni: è l’odore dell’estate, anzi no, è l’odore dell’isola in estate. Procida in questo periodo è come una donna che si fa bella, come mia madre che si truccava un po’ solo le palpebre di turchese e si spruzzava una leggera nuvola di profumo (che lui le portava da paesi lontani) sul collo affusolato per andare ad accogliere il marito sul molo.”

“Tutto sarà perfetto” incarna la perfezione della scrittura di Lorenzo Marone, è il viaggio in un’isola flagellata dal vento i cui odori giungono fino a noi grazie alle descrizioni dell’autore.

È la crisi di un uomo che non sa cosa fare della sua vita, intrappolato tra una madre che lasciò lui e la sorella troppo presto e un padre in fin di vita che non è mai riuscito a comprendere fino in fondo. 

“E io che quasi mi facevo intenerire da un uomo che di
Lorenzo Marone
tenero non ha nulla, quasi avevo creduto che la malattia lo stesse cambiando. Non si cambia mai: come siamo in vita, così moriamo.”

Il rapporto tra padre e figlio e al centro della storia e avvolge tutto, forse per l’egoismo del primo o per l’incertezza del secondo di perdersi qualcosa di indefinito. A legarli l’amore per quella donna, moglie e madre, che il marito lasciava sola per mesi e che i figli, ancora piccoli, tentavano di sostenere nonostante i periodi di depressione.

“Io non sono capace di parlare di morte. Le volte che sono costretto, tento di girarci attorno o me ne esco con una battuta al limite della gaffe. Non prendere le cose sul serio è il mio unico scudo, la fortezza che ti costruisci da bambino con i cuscini del divano.”

La morte aleggia tra i pensieri di Andrea e le case procidane dai muri scrostati dalla salsedine, la commozione è sempre dietro l’angolo ma Lorenzo Marone ci ha abituato a sorridere e lo fa anche stavolta, in particolare con la presenza di Augusto, per Andrea Cane pazzo Tannen, un bassotto esagitato, legatissimo al comandante, che ne combina di tutti i colori.

“Nei suoi giorni sì (se eravamo per strada era per forza un giorno sì) non smetteva mai di farlo, di ridere, tanto che a volte mi faceva vergognare, perché era allegra in un modo nel quale non si può essere allegri, con una forza strana nella gola, e allora capivo che c’era qualcosa che non andava in quelle risate che, come il pianto, a un certo punto dovrebbero finire e che se invece proseguono forse non sono risate.”

“Tutto sarà perfetto” è la lettura ideale per questa estate, c’è tutto ciò che un libro deve avere: una storia importante, un passato difficile, delle donne affascinanti, un’isola magica, un giallo, un primo amore mai scordato, un cagnetto simpatico, l’immagine di noi figli di fronte alle scelte, non sempre condivisibili, dei nostri genitori e la voce inconfondibile di uno scrittore unico nel suo genere.

Link per l'acquisto qui

lunedì 17 giugno 2019

“Nel silenzio delle nostre parole” di Simona Sparaco: quando il non detto può cambiare la vita delle persone


“Io qui mi sono innamorata della mia bicicletta, della luce di ottobre, del paesaggio lunare a gennaio, del verde, della brutalità e di quella non bellezza accattivante che è difficile descrivere a parole. Tu vorresti da me una descrizione di quello che vedo, ma io posso offrirti solo quello che sento. Credo di essermi sentita finora io stessa uno spazio vuoto. Per la prima volta nella mia vita mi sto sentendo piena. E forse è un uso temporaneo quello che sto facendo di me, anche se il mio cuore riesce solo a pensare in termini definitivi.”
Erano due anni che attendevo di poter leggere qualcosa di nuovo di Simona Sparaco, una delle migliori scrittrice dell’attuale panorama letterario italiano. Le sue storie sono sempre molto reali e forti e non c’è romanzo che non mi abbia profondamente toccato.


Le mie aspettative erano quindi piuttosto alte e posso ora dire che non sono state disattese.

“Nel silenzio delle nostre parole” (DeA Planeta Libri, maggio 2019) nasce da fatti realmente accaduti. Forse ricorderete l’incredibile incendio del 2017 nel quale la Grenfell Tower di Londra fu completamente distrutta. Tra i tanti morti anche un ragazzo ed una ragazza italiani. 

Tale evento colpì Simona Sparaco (romana, classe 1978, autrice, tra gli altri, di “Nessuno sa di noi” e “Equazione di un amore”, entrambi per Giunti, “Sono cose da grandi”, Einaudi) che ha deciso di ricreare nel suo romanzo corale le voci di alcune delle potenziali vittime. 

La città protagonista non è la capitale britannica ma la tedesca Berlino, con i suoi incredibili musei, la storia, la musica ma soprattutto le vite di persone che lì ci sono nate o che ci sono arrivate per altri motivi. Il plesso nel quale i protagonisti vivono è un palazzo di quattro piani: Alice è italiana si trova lì perché sta svolgendo il suo periodo di Erasmus, alla ricerca dell’arte che ha imparato a conoscere grazie al padre, e si è innamorata del tedesco Matthias; Bastien è invece il figlio di una signora che soffre del fatto di non avergli mai raccontato alcuni fatti importanti e lui non trova il coraggio di rivelare alla madre qualcosa che potrebbe sconvolgerla; Polina era una talentuosa ballerina classica e ora che ha appena partorito non concepisce il fatto che il suo corpo sia cambiato così tanto, si sente sola con quel bambino che considera ancora estraneo; Hulya è una spettatrice esterna, le piace osservare, riprendere le persone durante la loro quotidianità e pensa spesso a Polina senza averglielo mai però confessato.

“Nel silenzio delle nostre parole”, poco più di duecento pagine, è il vincitore del Premio DeA Planeta 2019, una vittoria meritata per l’intensità della narrazione, per la particolarità e la maestria nel delineare ogni singolo personaggio e per essere tanto brava nel farci ascoltare i loro più reconditi pensieri.


Le storie sono tante e differenti tra loro ma c’è un momento nel quale queste si avvicinano e intrecciano e Simona Sparaco ci mostra come persone all’apparenza così differenti tra loro possano invece rivelare affinità inaspettate.

“Hulya, invece, ai sogni non dà credito; le sembrano un’inutile fuga dalla realtà. Ha elaborato un metodo alternativo per negoziare con la vita: la riprende con il suo cellulare, dividendola in piccoli fotogrammi gestibili, poi la rimonta e la corregge, inserendo filtri, effetti e una colonna sonora.”

Vita e morte diventano una cosa sola ma nonostante tutto è la prima a prevalere, facendo di questo romanzo un vero e proprio inno alla vita, tra sogni, speranze ed esperienze condivise che permangono nel tempo.

“Nel silenzio delle nostre parole” esplicita ciò che troppo spesso, per diverse ragioni, omettiamo, ripromettendoci di rimediare quando avremo trovato le parole e il momento giusti, e il tempo passa, talvolta esaurendosi. Ci ricorda l’importanza delle relazioni, tra genitori e figli, tra amici o semplicemente tra amici di casa e ci insegna ad andare oltre le apparenze e le prime impressioni.

Se perciò avete voglia di un libro nel quale perdervi e ritrovarvi, che vi racconti storie importanti, difficili e felici, e vi faccia commuovere, allora questo è quello giusto.

Link per l'acquisto qui



martedì 4 giugno 2019

“Il club delle pecore nere” di Pierpaolo Mandetta: perché ciò che conta davvero è rimanere se stessi

Il club delle pecore nere

“Ma se non fossi destinato a essere felice? Se alle pecore nere come me non spettasse un posticino nel mondo in cui godersi la pace?”
Samuele, Nicole, Ivan, tre giovani trentenni che vivono a Milano, tre caratteri differenti ma con un aspetto in comune: la difficoltà nell’essere loro stessi. Samuele ha di recente fatto coming out e poco dopo ha abbandonato il promesso marito, Gilberto, sull’altare, si sentiva soffocare; Nicole fa la spogliarellista, è una femminista convinta e usa tranquillamente la carta di credito del padre che disprezza; Ivan è un manager che aspira ad arrivare ai piani alti, guadagnando sempre di più, e per farlo è obbligato a trovarsi una finta fidanzata. 

E poi c’è Rocco, un tredicenne abbandonato dalla madre a casa dei tre amici, il più fragile all'apparenza ma in realtà il più saggio ed assennato. Tra storie complicate di famiglia, idee strampalate e conflitti interni i quattro vivono una serie di avventure che fanno sbellicare dalle risa e al contempo riflettere su una serie di questioni che ci coinvolgono, in un modo o nell'altro, tutti.

“Ricominciare dal principio ogni volta per conoscersi meglio. Antichi vezzi inconcludenti di cui sbarazzarsi, fobie da sviscerare, angoli bui su cui far luce. Ma dov’è che ci nascondiamo davvero? Dov'è la verità sul nostro conto?”

“Il club delle pecore nere” (Rizzoli, 2019) è il nuovo romanzo, fresco di stampa, dello scrittore cilentano, classe 1987, Pierpaolo Mandetta, autore, per la stessa casa editrice, di “Dillo tu a mammà” (maggio 2017) e diventato famoso grazie al blog prima e ai suoi profili Facebook e Instagram ora.    

Avevo amato i libri precedenti ma con questo mi ha definitivamente conquistato, principalmente per un fatto, quello di riportare e trasmettere una serie di verità indiscutibili.

“A volte è la considerazione rigida che abbiamo di noi stessi a fotterci, a toglierci la libertà che nessun altro ci nega. Siamo carnefici e vittime, mentre il resto del mondo se la spassa.”

È da subito chiaro che Mandetta non ha scritto questo romanzo tanto per scrivere qualcosa, ma lo ha fatto ponderando la sua esperienza e quella delle persone con le quali ha avuto contatti tramite i
Pierpaolo Mandetta
social e la sua Posta del Cuore. 

I protagonisti sono quattro ma le storie, che finiscono per intrecciarsi tra loro, sono molte di più. Si parla di uomini e donne, di etero e di omosessualità, di speranze e di traguardi spesso disattesi. Si parla di amore, di delusioni, di sesso, della Milano frenetica e delle sue librerie, di legami affettivi, di genitorialità, di amicizia, femminismo e maschilismo, di adolescenza, di matrimonio, di figli, di fatica di vivere.

Mandetta regala una voce ad ogni suo personaggio con credibilità e inconsapevolmente la dona ad ogni lettore che ride, si commuove, si arrabbia e ritrova se stesso nel profondo.

“Tutti amano l’idea di sposarsi, e considerano il matrimonio il massimo traguardo della gratificazione. Come mai la gente vuole farlo? Perché il matrimonio rende normali. E la normalità ripaga con l’accettazione.”

Quante volte ci siamo chiesti perché certe coppie decidono di sfornare figli a caso per poi lasciarli a casa da soli, come si trattasse di uno spiacevole dovere?

“Sembra che siamo diventati una seccatura! Perché fate figli se poi ci date la colpa di avervi tolto la libertà?”

E quante volte, noi donne in particolare, ci ritroviamo a subire le idee degli uomini, ad avere a che fare con la dominante mentalità maschilista che permea la società? E cosa significa davvero essere femministe? Dobbiamo continuare a prostrarci dinanzi ad Adamo per quella costola mancante?

“Il club delle pecore nere” è un libro importante, una sorta di compendio, in chiave tragicomica, dell’attualità che stiamo vivendo. È anche l’esempio di come il volere tutto e subito, che caratterizza le nuove generazioni, non porti a nulla di buono, sia nel breve che nel lungo termine.

“Mamma pensò poi di ficcarmi in una scuola tenuta da implacabili suore svizzere, dove suor Lucidalba ci insegnò tutto sulla devozione della donna nei confronti dell’uomo. E ci credo: suo marito era Dio, mica ce l’aveva tra i piedi tutto il giorno a chiedere ‘dove sono i calzini’, anche se dopo venticinque anni di matrimonio sono sempre nel secondo cassetto.”

“Il club delle pecore nere” si fa divorare, ti entra dentro e va oltre, oltre le ideologie, oltre i luoghi comuni, oltre quelle che ancora oggi vengono definite tradizioni, oltre l’odio e verso un’unione fatta di amore, comprensione, dolore, fatica e difficoltà nel portare avanti ciò in cui crediamo.

Perché alla fine ciò che conta davvero è solamente essere se stessi, o almeno provarci, e fregarsene di tutti quelli che continueranno a vederci come pecore nere. 
Dopotutto immaginate che noia se tutte le pecore fossero bianche!

Link per l'acquisto qui