martedì 15 giugno 2021

"Due cuori appannati su Roma": la poesia di Marco Giuli













“Sono certo, certissimo, che una persona che legge poesia si fa sconfiggere meno facilmente di una che non la legge.” (Iosif Brodskij)

Eccoci al secondo appuntamento con la poesia di Marco Giuli.

“Due cuori appannati su Roma” è una delle cinquanta liriche della raccolta “L'anima de li pensieri mia” (gennaio 2021, autopubblicazione disponibile su Amazon).

I temi trattati sono diversi: si va dall’amore all’amata Roma, dalla forzata reclusione all’amicizia senza dimenticare personaggi divenuti (purtroppo) protagonisti della cronaca come Stefano Cucchi o Emanuela Orlandi. Non mancano i momenti di spensieratezza, i ricordi del passato, i pensieri per il futuro e gli affetti più cari.

Marco Giuli

Il linguaggio è semplice, popolare, dialettale, ma ogni parola è importante e portavoce di sentimenti profondi e talvolta di un disagio che ancora stiamo vivendo a causa del periodo storico particolare che stiamo affrontando.

Per saperne di più su questa e sull’autore andate a leggere l’intervista che trovate qui.

“Due cuori appannati su Roma” è amore puro, quello per la città amata, per quella Roma acclamata da artisti di ogni genere e di ogni tempo, quella di chi la conosce da una vita. 

La Roma del popolo, di chi la osserva e la annusa quotidianamente, la Roma nella quale innamorarsi potrebbe essere così semplice. Ma Roma, così come l’amore, sa essere anche malinconica e questo è il sentimento che prevale nelle liriche qui sotto. 

Una malinconia struggente che si fonde alla città eterna, un cuore ferito che cerca in quel cielo blu un po’ di conforto e di amore sincero.

 

So dieci giorni che non te vedo

e me ne sto da solo mentre appanno il vetro

di questa macchina disegnando due cuori

attraverso i quali riesco a vedè fuori.

 

E fuori c'è Roma, con tutta la sua bellezza

anche quando piove, te vede e t'accarezza

anche quando non ci sei, ma tanto sto tranquillo

perché tanto stai a tornà, e manco a farlo apposta

al telefono uno squillo.

 

Se illumina lo schermo, il tuo profilo riflesso al vetro

fa da sfondo ar cuppolone, mentre il cielo diventa nero

e i gabbiani salutano Roma, dai Parioli a San Giovanni

Sta città è anche quella signora che s'affretta a ritirà i panni.

 

Sta città è quel pischello, che corre fracico mentre piove

ma non è soltanto quello, so anche i vicoli stretti del rione

è discutere al bar di pallone, e dei politici corrotti

ma poi arriva il prosecco e alla fine te ne fotti.

 

Attraverso sti due cuori, ormai quasi del tutto appannati

vedo scorrere sto Tevere, complice degli innamorati

e penso al tuo sorriso, perfetto nella sua incertezza

la tua voglia sempre di un abbraccio e io di una carezza.

 

Metto in moto e finalmente rispondo a sto telefono

sto arrivà, te dico. Due minuti e sto al semaforo

so dieci giorni che me manchi e i cuori sul vetro non se vedono più

fuori ha smesso anche di piovere, il cielo sopra Roma è tornato a esse blu.


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