Lo stato dell'unione: scene da un matrimonio |
“Ma la vita è lunga, e noi siamo soltanto a metà del cammino.”
"Alta fedeltà" è stato
apprezzato a livello globale e così tanti suoi libri dopo questo ma ho trovato
le trame sempre un po’ troppo o forse non abbastanza. Poi qualche giorno fa ho
letto dell'uscita del nuovo “Lo stato dell’unione: Scene da un matrimonio” e mi sono detta:
perché no?
Lui si chiama Tom ed è un
critico musicale al momento disoccupato; Lei Louise, gerontologa che ha tradito
il marito. Il loro è un momento di crisi
e decidono di affidarsi ad una consulente matrimoniale. Si tratta di un
incontro settimanale che viene preceduto dalle conversazioni dei due in un pub.
Cercano di capire cosa sia accaduto dall'inizio della loro unione ad oggi e tra
situazioni paradossali e metafore ricche di ironia, quasi sarcasmo, ci si
chiede se si tratti di un rapporto che potrà mai essere ricucito.
Il lettore assiste a veri
e propri brevi sketch nei quali marito e moglie interagiscono esponendo i
problemi personali e osservando altri pazienti che si affidano alla medesima
consulente.
“Lo stato dell’unione:
Scene da un matrimonio” (Guanda, ottobre 2019, traduzione di Elettra Caporello)
è questo e non molto altro, purtroppo.
Le pagine sono poche e
poco intense. Sì, l’ironia non manca ma cosa resta di questi dialoghi che di
concreto hanno poco?
Mi aspettavo qualcosa di
più, poi una settimana fa circa mi sono ritrovata a leggere un’intervista ad
Hornby su Robinson de La Repubblica che mi ha lasciato piuttosto esterrefatta.
Tra le varie esternazioni Hornby afferma che un tempo la lettura era un rimedio contro la noia, mentre
oggi ci sono altre forme di espressione come Youtube, Spotify o Twitter. Non a
caso i figli non leggono e, col senno di poi, se ciò che avevano a disposizione erano i libri del
padre, forse è meglio così.
Nick Hornby |
Asserisce persino che la
cultura non renda le persone migliori, mi chiedo quindi cosa scriva a fare questo
scrittore inglese campione di vendite in tutto il mondo (forse si tratta
puramente di una questione di introiti economici?) e perché non ci mettiamo a
fare altro che non sia leggere? Una bella giornata su Facebook o Instagram può
certamente scacciare via la noia, no?
In fondo oggigiorno i
livelli di attenzione sono bassissimi, quindi chiudiamo questi inutili libri,
frequentiamo maggiormente i social e lasciamo perdere le inutili e noiose librerie, se
poi i libri che ci troviamo sono di questo genere…
Infine, e sulla falsa
riga della citazione qui sopra, non posso che ricordare che la vita è troppo
breve per sprecarla con libri che non valgono la pena di essere letti!
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