In grazia di Dio, Cristina Biolcati |
“Restava il fatto che nessuno si era disperato per la morte di sorella Teresa, avvenuta in quel modo atroce. Nessuno che avesse accennato, per esempio, al fatto che potessero essere tutti in pericolo. Quasi si avesse la certezza che non ci fosse un pazzo in agguato nel convento, pronto a colpire ancora. Che la vecchia suora scrivana fosse stata punita per qualcosa di specifico. Era solo una sensazione, che però lui non poteva ignorare. Teresa, aveva meritato quella fine?”
Primavera del 1822, convento di San Giovanni Battista del ravennate. Una suora di clausura ultranovantenne viene trovata morta, sgozzata, nella sua celletta dalla quale non usciva ormai da anni. Subito le indagini vengono affidate all’ufficiale della gendarmeria pontificia Alfredo Casadio e al suo sottoposto Dante Graziani ed è chiaro dal primo momento che l’assassino o l’assassina vanno cercati all’interno del convento.
I
due non perdono tempo e cominciano a fare domande alle varie suore e ai due
collaboratori esterni che lavorano quotidianamente al convento. Perfino la
piccola Allegra, figlia del poeta inglese Byron, si trova a rispondere ad
alcune domande dei gendarmi. Ognuno pare avere un alibi convincente e le
indagini sarebbero ancora ferme se non fosse per un fortuito ritrovamento che
cambierà completamente le carte in tavola.
“In grazia di Dio”
(Todaro Editore, giugno 2023) è l’ultimo racconto lungo di Cristina Biolcati, scrittrice
e poetessa ferrarese
e padovana d’adozione, per la collana i Gechi gialli.
L’ambientazione è bellissima: veniamo catapultati
in un convento edificato nel 1336 per i frati camaldolesi, e poi abitato dalle monache
clarisse cappuccine qui protagoniste, tra antiche celle con grate e strette feritoie
ed affascinanti chiostri.
“L’essere misero che
giaceva su quel pagliericcio, avvoltolato nelle lenzuola, era rinsecchito già
da tempo: pareva avere cent’anni. Rattrappito, mummificato, nemmeno sembrava
umano.”
Cristina Biolcati |
Impossibile non riportare
alla mente il capolavoro “Il nome della rosa” di Umberto Eco (il profumo della
carta fiorentina e dell’inchiostro permeano l’intera narrazione) e il recente cortometraggio
“Le pupille” (candidato agli Oscar 2023; tratto da una lettera che la
scrittrice Elsa Morante inviò all’amico Goffredo Fofi per augurargli buon
Natale) di Alice Rohrwacher.
Una scrittura scorrevole
e aguzza quella della Biolcati, la quale ci regala ancora una volta un coinvolgente giallo
in piena regola che si differenzia però dai precedenti per l’aspetto storico:
oltre alle vicende del convento ravennate vi sono anche quelle di una bambina piuttosto
nota di nome Allegra, figlia del poeta George Gordon Byron; e queste sessanta pagine si trasformano
così in un bellissimo omaggio nel quale la piccola sfortunata torna a vivere in
tutta la sua purezza ed ingenuità.
La lettura perfetta per chi in questa calda estate ha voglia di qualche brivido freddo, sotto l'ombrellone, sulle cime dei monti o semplicemente sul comodo divano di casa propria.
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