Un ragazzo normale, Lorenzo Marone |
“A ogni modo, questa è stata la mia infanzia, la mia vita da adolescente: uno stare tutti insieme, il respiro di uno sulla guancia dell’altro, senza alcuna possibilità di avere un momento e un luogo che fossero davvero miei. Fu proprio quella situazione di eterna condivisione a spingermi a isolarmi, a farmi rifugiare in un mondo solo mio che viveva di vita propria, e in quel mondo, in quei frangenti, imparai a non avvertire più il russare di papà, a non sentire le telenovele della nonna, i dibattiti politici del nonno o il ruminare rumoroso con il quale Bea masticava il solito chewingum. Il giorno che pensai di diventare un supereroe, non sapevo che, in realtà, io supereroe in parte già lo ero.”
Mimì ha dodici anni e
vive in un condominio del Vomero, a Napoli, con i genitori, la sorella e i
nonni. Lì va a scuola, gioca con l’amico Sasà, colleziona annunci funebri
(attirato dai soprannomi che i morti avevano in vita), si innamora di Viola e
conosce Giancarlo, il suo supereroe che gira con una Mehari verde.
Quello non è
un anno qualunque, è il 1985 e Giancarlo è Giancarlo Siani, giovanissimo
giornalista de “Il mattino” ucciso dalla Camorra davanti al palazzo di Mimì. Ma
non finisce qui, ci sono anche i libri, quelli dentro i quali Mimì ama
perdersi, che si tratti di romanzi, di enciclopedie o di fumetti.
Ho scoperto Lorenzo
Marone con “Magari domani resto” e mi sono innamorata di Luce e di quella prosa
così riconoscibile e intima. Non potevo quindi non leggere “Un ragazzo normale”
(Feltrinelli, febbraio 2018) e, come avevo previsto, ancora una volta mi sono
innamorata del protagonista, Mimì. Un bambino come tanti in possesso di una
spiccata intelligenza e di una passione per la cultura, nonostante la giovane
età.
“Quei libri sono stati il
mio prima mattone, la struttura sulla quale ho appoggiato la costruzione della
mia vita, la mia pietra angolare. È merito di quei cinquanta volumi se sono
diventato ciò che sono, merito di quelle sere passate con gli occhi infilati
nelle pagine.”
Ci sono i grandi classici della letteratura, i fumetti più conosciuti, la musica, i film e i cartoni animati
degli anni Ottanta. Ci sono ragazzi che hanno voglia di vivere un’estate
spensierata, rimanendo aggrappati ad un qualcosa che non si sa quanto durerà.
“Allora non potevo
saperlo, ma in seguito ho capito che le cose straordinarie, quelle che
resteranno per sempre nella tua vita, arrivano spesso in punta di piedi e all'improvviso, senza tuoni e particolari avvisaglie. Proprio come una
nevicata.”
È vero, è un romanzo in
cui non accade tanto ma è forse proprio questo a renderlo così bello, con quell'atmosfera sospesa nella quale tutti possono sognare e durante la quale tutto
potrebbe accadere.
E poi Mimì è tutto nel
romanzo, nonostante gli accenni alla camorra e il ricordo di Siani questo non
vuole essere il classico libro sulla Napoli bagnata dal sangue delle cosche ma
una storia di formazione con protagonista un ragazzino che si rende conto di
dover presto dire addio all'ingenuità aprendosi al mondo degli adulti, con
tutti i pro e i contro.
“Un ragazzo normale” è
tanto reale quanto trasognato, è forte, crudo quando deve esserlo e commuove
dal profondo del cuore, un po’ per la storia di Siani e un po’ per il ricordo
dei dolori dell’infanzia ormai trascorsa e di quelli dell’età adulta ancora in
corso.
“Ho sentito dire che i
dolori ti restano sul volto e ti rubano il sorriso, invece io credo che siano
molto più riconoscibili le rinunce. Sono loro a deformare i lineamenti, spesso
a incattivirli, loro a prendersi un pezzetto di pelle ogni volta.”
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