“Ero pronta. Pronta per l’ultima prova, che altro non era se non una goffa imitazione della vita: andare avanti, nella consapevolezza di essere soli con noi stessi; visibili, senza bisogno di conferme da parte dell’esterno, reali e veri in ogni nostra imperfezione. Ero pronta per avanzare nel nulla, preoccupandomi solo dei miei passi, ed ero pronta anche a dimenticare, a essere dimenticata.”
Devo confessare di non
essere una da trilogie, non che abbia qualcosa in contrario al riguardo ma devo
proprio trovarmi davanti a qualcosa di valido per decidere di avventurarmi in
una storia che so non avrà termine nell'immediato.
Quando lessi, due anni fa
circa, la trama di “Absence: il gioco dei quattro” mi incuriosii davvero tanto
e cominciò così il mio viaggio in compagnia di Faith, Jared, Christabel, Scott
e tutti gli altri.
Il tempo purtroppo scorre
così rapidamente e siamo giunti ad Absence 3, “La memoria che resta” (Fazi
Editore, collana LainYA, 9 maggio 2019), l’epilogo di tutto ciò che abbiamo visto accadere nei
primi due libri.
I ragazzi hanno
intrapreso un incredibile cammino in giro per il mondo verso un qualcosa che
non sanno cosa sia realmente. La loro invisibilità permane ma Faith, dopo ciò
che ha vissuto con gli Alfa, è cambiata, è cresciuta e ha cominciato ad
intravedere una parte di sé che le era fino a quel momento ignota. Ora
comprendere cosa fare è per lei ancora più complicato e i Gamma, la sua
famiglia, la guardano con occhi diversi, sospettosi, sembrano non fidarsi più
di lei.
A complicare le cose l’effetto dell’NH1 sempre più intenso e distruttivo e Jared
sembra sopraffatto dalla rabbia, a discapito dell’affetto che provava nei
confronti di Faith.
Dall'altra parte gli Alfa proseguono dritti verso la loro
strada, e quando Faith decide di tornare da loro solo Ephraim
dimostra
entusiasmo.
![]() |
Chiara Panzuti |
L’attrazione tra i due è indiscutibile e sempre più forte ma tutto
sta per cambiare ancora e forse la fine della storia è vicina. Chissà se ci
sarà tempo per l’amore, se esiste un antidoto al siero che è stato iniettato
loro, se potranno mai tornare dalle famiglie di origine e soprattutto se tutti
riusciranno ad arrivare al termine della missione, o meglio dell’esperimento.
“Io non volevo, non
volevo, ma sembrava non esserci scelta, era come se il ragazzo che conoscevo si
irritasse per ogni mio tentativo di avvicinamento. Parlavo e lui si infuriava,
stavo zitta e lui si incupiva, respiravo e lui si peggiorava, cadeva sempre più
in basso, quasi la mia presenza accelerasse il vortice degli effetti collaterali.
Se prima ero il suo Nord, ora ero solo un elemento di disturbo, qualcosa che
intensificava l’NH1, come se la frattura creata da Bintan fosse stata la spinta
verso un baratro senza fondo.”
Se avete amato i primi
due adorerete il terzo. L’atmosfera è più cupa, i protagonisti sono cresciuti,
la storia e la scrittura stessa di Chiara Panzuti, giovane e talentuosa
scrittrice milanese, si sono evoluti. Le domande alle quali speravamo di trovare
una risposta sono davvero tante e nessuno rimane deluso.
I colpi di scena si
susseguono uno dopo l’altro, la calma non si sa più cosa sia, scopriremo molto
di più sull’uomo in nero, sull’illusionista e su questo esperimento che costerà
la vita a tanti.
“Così come era accaduto
col siero, tornare indietro non era la soluzione, perché nella vita non esiste
indietro. Si può solo andare avanti e diventare chi siamo.”
Tra i tre questo è senza
dubbio il capitolo più maturo, quello che fa riflettere a fondo su cosa
significhi essere invisibili, soprattutto in senso metaforico. È proprio questo
tema a rendere così bella e particolare, e perciò rivolta ad un ampio pubblico
di lettori, questa trilogia.
Ci sono sì combattimenti
e sparatorie e sappiamo che non esiste nella realtà un siero per l’invisibilità
ma tutti abbiamo provato la sensazione di essere invisibili agli occhi degli altri
o del mondo intero.
“Ricordi l’altro volto
del cielo? Adesso ti ci devi aggrappare.”

“Absence” è questo, il racconto di giovani ragazzi che vivono la
solitudine del passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. Crescere non è mai
semplice, si può essere circondati da migliaia di persone e nonostante
tutto sentirsi soli al mondo.
La copertina poi è
bellissima, con quel cuore nero rovesciato dentro un quadrato di ghiaccio: è il
cuore di Faith e dei suoi amici ma è anche il cuore dei lettori che si ghiaccia
pagina dopo pagina per poi sciogliersi al termine della storia, rimanendo però comunque ed
irrimediabilmente capovolto.
“Si fece strada sotto il
mio cappuccio e mi baciò, premendo con forza le sue labbra sulle mie. Non
riuscii nemmeno a ragionare sul da farsi. Il secondo prima lo avevo davanti, il
secondo dopo lo avevo addosso, e l’unica reazione del corpo fu di avvolgere le
braccia attorno al suo collo. Andai in tilt. Letteralmente.”
Non mancano alcune scene
d’amore molto belle ed intense, anche queste inedite nei primi due libri della
trilogia.
E poi “La memoria che
resta” è piena di frasi belle, di quelle da annottare, da ricordare nel tempo,
sulle quali riflettere e sognare.
Mi fermo qui, non voglio
dire altro (anche se vorrei) ma rischio di essere accusata di spoileraggio!! Quindi… buona
lettura!
“Con la mano nella sua,
capii che si può amare, perdere e perdonare in tanti modi, e che l’essersi
incontrati, a volte, è più importante del rimanere insieme.”
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