lunedì 17 dicembre 2018

“Davanti alla mia porta” di Käthe Kollwitz: l’amore per l’arte e per quel figlio portatole via dalla guerra

Davanti alla mia porta, Käthe Kollwitz

“Sono due anni che sei morto e ora sei solo terra. Dov’è il tuo spirito? Eppure posso sperare di rincontrarti, spero che quando anch’io sarò morta ci ritroveremo in un nuovo aspetto, che torneremo a scorrere insieme. Non tu per te e io per me."
Ci sono piccole case editrici che si occupano di grandi autori e pubblicano perle della letteratura mondiale. Una di queste è la pistoiese Via del Vento Edizioni, fondata nel 1991 da Fabrizio Zollo con l’intento di pubblicare testi inediti e rari di grandi letterati italiani e stranieri del Novecento. Da allora sono innumerevoli i testi pubblicati e le collane sono oggi ben quattro (due delle quali cessate di recente).

“Davanti alla mia porta” (ottobre 2017, collana iquadernidiviadelvento, testi inediti e rari del Novecento, cura e traduzione di Claudia Ciardi), libretto di pregiata fattura, edito in sole duemila copie singolarmente numerate, è una raccolta di pensieri sull’arte e la vita della pittrice, scultrice e xilografa tedesca Käthe Kollwitz (1867-1945), inediti in italiano.

Gli estratti di questo libro provengono dai diari di Käthe Kollwitz e coprono quegli anni che vanno dal 1909 al 1936. Grazie a questi è possibile osservarne l’evoluzione della vita artistica ed anche privata, dal momento che queste si sono mosse quasi sempre di pari passo.

I disegni per la rivista Simplicissimus, i periodi sterili seguiti da altri più produttivi, la noia, l’amore per il marito e soprattutto per Peter, il figlio portatole via dalla guerra, insieme a tutti quei ragazzi che “volevano vivere e invece sono morti”.

Tra queste pagine emerge l’influenza dell’evento tragico nella sua arte, il lavoro dedicato al
Käthe Kollwitz
monumento a Peter, l’importanza di avere accanto a se il marito Karl.

“Lavoro al gruppo d’amore in cui la ragazza siede sulle ginocchia dell’uomo. La grande depressione dopo le vacanze estive si è di nuovo dissolta, ma un vero e proprio senso di fiducia non son più riuscita a recuperarlo. Se almeno potessi ancora imparare dalle nuove tendenze pur restando indipendente.”

A corollario delle parole della Kollwitz le immagini delle sue acqueforti e di alcune litografie, tutte cariche di sentimento e di storia, proprio come i diari, espressione di una donna che non si accontentava ma neppure si lasciava calpestare dalle tragedie e dal periodo tra i più delicati e terribili della storia.  

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