giovedì 28 giugno 2018

“Violet” di Davide Cavazza: quando tormento e sensi di colpa si rifugiano nel silenzio più oscuro

“Poco lontano, si udì il rintocco delle campane di una chiesa. La bambina spinge sempre più forte la sua altalena e per quel solo attimo stacca le manine dalle catene che reggono la seduta, perché non sempre si può fare ciò che si deve. E non si può essere puniti per questo. Quell'istante sbilanciò il suo esile corpicino e le gambe protese aumentarono lo slancio. Quando l’altalena tornò indietro era leggera e senza più un’anima, come se un fulmine avesse interrotto senza preavviso quella parabola che incantava, avanti e indietro. La bambina dalle guance viola iniziò così il suo volo in un mondo silenzioso.”
 Agnese non parla più, il silenzio è divenuto il suo rifugio, insieme al suono della sua viola d’amore, ma mentre la voce è svanita il tormento è lì, stabile e irremovibile. Ogni giorno alle 19 si reca sempre nello stesso luogo mentre la notte si esibisce come cantante in locali nascosti e di bassa lega e termina le serate abbordando ogni volta uomini diversi che la seguono ammaliati. Federico Brandi è il suo terapeuta e durante i loro incontri è lui a parlare
Davide Cavazza
mentre lei cerca di comunicare un qualcosa difficile da recepire. C’è poi don Antonio con le sue omelie e con i suoi tentativi di redenzione per una qualche sconosciuta colpa. I tre provano sentimenti simili e forse anche i loro errori, se di questo si tratta, potrebbero avere qualcosa in comune.

“Violet” (Leone Editore, 2018) è l’ultimo romanzo di Davide Cavazza, scrittore bolognese consulente per diverse organizzazioni non governative e già autore di “Campagne per le Organizzazioni Non Profit (Emi, 2006), “La gabbia” (2013) e “Diciannove novantuno” entrambi editi dalla Leone Editore.

La storia è avvolta nella nebbia fin dall'inizio, i tre protagonisti navigano nel loro dolore e nelle loro incertezze alla ricerca di espiazione per delle colpe mai esplicitate.

Agnese, che diventa Violet nelle notti più tormentate, cerca rifugio in ogni luogo la circondi, persino in chiesa dove resta ad ascoltare i sermoni di don Antonio, il quale intuisce che qualcosa nel profondo logora quella donna.

La settimana della Santa Pasqua potrebbe essere l’occasione per lavare via ogni negatività ma non è così semplice, per nessuno dei tre. Lo stesso prete diventa umano e manifesta le complessità del suo ruolo, sempre in bilico tra oscurità e solitudine.

Violet, Davide Cavazza
“E la sua debolezza era umana. Solo che un prete confessa gli altri, ma nessuno confessa un prete. Come se indossare un abito sacro ed essere sempre a contatto con Dio rendesse invincibili i suoi ministri. Il non vivere una vita come gli altri è un vuoto che non si riempie di sole preghiere, si riempie di pensieri che la luce divina a volte illumina e a volte no.”

Interessante anche il personaggio di Federico Brandi, terapeuta che arriva a mettere in dubbio la sua professionalità, che riflette sulle difficoltà del suo lavoro e sulle complicazioni date dal coinvolgimento emotivo che non riesce ad evitare.

Ancora una volta lo stile di Davide Cavazza è riconoscibile, con le sue parole colpisce e commuove e chi in precedenza aveva letto il suo "Diciannove novantuno" noterà piacevolmente alcuni piccoli rimandi a questo.

“Violet” è intriso di una tristezza colma di riflessioni, il lettore si domanda da dove derivino tali sentimenti e solamente il finale, tanto sconvolgente quanto inaspettato, rivelerà l’unica verità.

“Agnese non usava mai l’ombrello. Anche quello era un piccolo modo per punirsi. O per lavare via la colpa. Non c’era nulla di fisico o di meccanico che potesse servirle, doveva conservare intatte le sue difese senza sprecare energie nel cercare inutili scorciatoie alla natura. Se Madre Natura voleva l’acqua era giusto che lei si bagnasse senza opporre resistenza. La resistenza doveva tenerla tutta per il suo cuore enorme e viola dal dolore.”

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