Quattro madri, Shifra Horn |
“Sono nata nel letto di ottone della mia bisnonna Sarah nell’estate del 1948. Le salve dei cannoni giordani salutarono il fatidico evento con adeguati rumori di sottofondo. Le granate fendevano il cielo incandescente di Gerusalemme, cercando l’indirizzo di chi aveva un appuntamento di sangue con il destino. Quel giorno unii la mia voce alla loro, e gridai per la prima volta. Me l’hanno raccontato le tre donne testimoni del mio arrivo in questo mondo.”Approcciarsi ai romanzi di scrittori israeliani è sempre un’esperienza particolare, quasi trascendente. Se pensiamo a questa parte della letteratura ci vengono subito in mente voci maschili ma avete mai provato a leggere le tante scrittrici che popolano la letteratura ebraica contemporanea?
Se la risposta è no il
mio consiglio è di cominciare con Shifra Horn, ne rimarrete stregati come è
capitato a me.
“Quattro madri” (Fazi Editore, giugno 2018, traduzione
di Sarah Kaminski) è la storia di quattro generazioni di donne vissute a
Gerusalemme nell’ultimo secolo. La voce narrante è quella di Amal, nata nell’estate
del 1948, pochi mesi dopo la nascita dello Stato di Israele, l’anno della
terribile guerra arabo-israeliana. Amal, appartenente alla quinta generazione,
è stata abbandonata dal marito il giorno dopo la nascita del loro figlio
maschio ma nonostante ciò la madre, la nonna e la bisnonna sono felici perché
finalmente la maledizione che incombeva sulle donne della famiglia è finita e
nessuna figlia femmina potrà più ereditarla.
Ecco che le memorie tornano
indietro nel tempo, ricordando Mazal, orfana, dalla quale prese il via la
maledizione, seguita da Sarah, una bellezza unica e con capelli dorati
simboleggianti i suoi poteri magici, da Pnina Mazal, che sentiva i pensieri di
tutti, compresi quelli del fratello che, nato con una disabilità, non poteva parlare, e
infine Gheula, la madre di Amal, intelligente, idealista e pronta a difendere i
più deboli senza risparmiarsi.
“Quattro madri” andrebbe
letto davanti alle fiamme di un falò, in un’atmosfera simile a quelle di un
ancestrale passato nel quale le storie, le leggende, si tramandavano per via
orale.
Storia e fantasia si incrociano
in quello che è certamente un romanzo superlativo, un capolavoro della
narrativa che non può che ammaliare il lettore, anche quello più esigente.
In poco meno di
quattrocento pagine scorrono cento anni di storia e di tradizioni, si respirano
i profumi di una Gerusalemme da sempre epicentro di culture, di lingue, di voci
e speranze.
“Continuando a parlare di
guerra, raccontai loro anche dell’altra guerra, dell’assedio di Gerusalemme,
della fame e della carestia e di come, quando le foglie di malva si seccavano
nei campi d’estate, la mia bisnonna sapesse preparare delle gustose leccornie
con le foglie di gelso ripiene di riso che comprava al mercato nero, e di come
riuscivo ancora a sentire in bocca quel sapore agrodolce.”
Ci sono le
tradizioni e cerimonie ebraiche come il Bar Mitzvà, c’è il
ricordo del passaggio
della cometa di Halley, che in tanti temevano
mortalmente, ci sono i pensieri di donne che hanno amato e sofferto, rinchiuse
in una solitudine propria del mondo femminile per antonomasia.
Shifra Horn |
C’è quel letto di ottone
sul e attorno al quale si sono avvicendate le storie delle donne protagoniste,
tutte madri, tutte amanti, tutte affascinanti e tutte prima o poi abbandonate.
“E così, cullata nel suo
letto di ottone che mi risucchiò nel suo grembo con la gentile insistenza del
silenzioso, discreto, vecchio materasso, che aveva soffocato i singhiozzi di
persone da tempo perdute, e inghiottito i lamenti appassionati di quanti erano
affogati nella sua morbidezza, mi immersi in quella montagna di foto. In quella
notte insonne, fra un cambio di pannolini e l’allattamento, mi preparai a
imbarcarmi per un viaggio in cerca della mia famiglia.”
I vortici della
sensualità ci introducono tra le tradizioni ebraiche e quelle arabe, in un mondo orientale che alimenta il surrealismo della narrazione.
“Quattro madri” è una
corale potente e commovente di voci femminili che, come le donne di ogni etnia
e tempo, si ribellano al tentativo di apparire, agli occhi degli uomini,
inferiori.
Mazal, Sarah, Pnina Mazal
e Gheula sono appassionate, ognuna a modo proprio, e le loro incredibili storie sono
la memoria, non sempre fedele alla realtà storica, di un popolo tormentato alla
ricerca, proprio come loro, di indipendenza, di libertà, di speranza e
disincanto.
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