venerdì 7 luglio 2017

“Stazione di Baranovitch. Tre racconti ferroviari” di Shalom Aleichem: un viaggio in treno tra speranze, umorismo e luoghi lontani

Stazione di Baranovitch, Shalom Aleichem
“Alcuni presero a dire che una storia del genere era accaduta anche da loro. Cioè, non proprio quella, ma una che si era sviluppata allo stesso modo. E insistettero per raccontare la loro vicenda, tanto che nella carrozza sembrava di essere a una fiera. Almeno finché non torno l’uomo di Kamink: a quel punto tutto tacque. La folla si strinse, gli uni vicini agli altri, quasi a formare una parete. E tutti ripresero ad ascoltare la storia dell’uomo di Kamink con attenzione.”
Tre racconti, tante storie di altrettanti uomini e donne alle prese con le vicissitudini della vita. Il luogo di incontro, involontario, ma forse non troppo, e fortemente significativo, è un treno. Uno di quelli antichi, con la divisione in classi e le persone che si incontrano, parlano e raccontano storie

Immaginate se questi viaggiatori e narratori sono poi degli ebrei! Non possono nascerne che incredibili storie dai finali imprevedibili e dal classico umorismo ebraico, il Witz, così conosciuto ma sempre così nuovo e differente da autore ad autore.

E ancora più se parliamo di Shalom Aleichem, pseudonimo (il cui significato è ‘la pace sia con voi) dello scrittore e drammaturgo Shalom Rabinowitz, nientedimeno che uno dei fondatori della letteratura yiddish e tra i suoi maggiori umoristi. Lui in prima persona fu un viaggiatore instancabile, in continuo girovagare tra Ucraina, patria di origine, Svizzera e Stati Uniti d’America. Lo fu anche dal punto di vista letterario, tra novelle, monologhi, storie per ragazzi, testi teatrali e romanzi.

In “Stazione di Baranovitch. Tre racconti ferroviari” (EDB, Edizioni Dehoniane Bologna, 2017, a cura di Daniela Leoni) ci imbattiamo prima (in “Stazione di Baranovitch”) in un ebreo che, costretto ad abbandonare il suo paese, fugge e una volta lontano comincia a fare richieste di denaro alla comunità che inizialmente acconsente, felice che il ragazzo non sia morto come pensato inizialmente, ma poi le cose cambiano.
Shalom Aleichem

“L’uomo di Buenos Aires” è invece la storia di un uomo, giunto dopo tante peripezie a Buenos Aires, il quale si vanta delle ricchezze acquisite non si sa bene come e che è atteso da anni al suo paese di origine come se fosse il Messia.

“Tomba di famiglia” è infine il racconto di un padre che fatica a comprendere le scelte dei giovani ed in particolare della figlia Etke con la quale ha un rapporto discordante. E le cose non mutano quando lui scopre che lei pratica letture non troppo consone ad una ragazza di quella età e di buona famiglia.

Non c’è pagina che non faccia ridere e al tempo stesso riflettere. I finali sono talvolta drammatici ma narrati con una tale leggerezza da lasciare il lettore disorientato, ma non negativamente.


Quando si leggono autori di origine ebraica non si può mai sapere verso quali strade si verrà condotti e questa piacevolissima raccolta di racconti, un volumetto davvero carino, pratico e di notevole fattura, non fa certo eccezione. 

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