martedì 4 aprile 2023

“Dipendenza” di Tove Ditlevsen: l’ultimo viaggio della scrittrice danese tra dipendenza, aborti, uomini sbagliati e figli non desiderati

Dipendenza, Tove Ditlevsen

“Ormai i maschi sono del tutto esclusi dal mio mondo. Sono creature aliene, come se provenissero da un altro pianeta. Non hanno mai provato nulla sulla loro pelle. Non hanno organi delicati, teneri, nei quali un grumo mucido possa attecchire come un tumore e avere un’esistenza propria, del tutto indipendente dalla loro volontà.”

Terzo e ultimo capitolo della trilogia di Copenhagen. Per nessuno sarà semplice abbandonare Tove, e ancora meno lo sarà per la stessa Ditlevsen, nata nel 1917 e morta suicida nel 1976, dopo anni di depressione. “Dipendenza” (Fazi Editore, aprile 2023, traduzione di Alessandro Storti) è il preambolo di ciò che accadrà nel futuro di Tove, poetessa e scrittrice di narrativa che amava profondamente esserlo ma che non sempre le riusciva con la semplicità e la serenità che avrebbe desiderato.

Tove è ora sposata con un intellettuale, un editore, molto più grande di lei, sta scrivendo il suo primo romanzo ma le mancano la tenerezza e i gesti di affetto che il marito non sembra essere in grado di darle. Di uomini ne arriveranno altri e con essi delle gravidanze indesiderate, ma uno in particolare riuscirà a rovinarle la vita come nessun altro, spingendola verso il baratro delle dipendenze che pare essere senza via di uscita. 

All’uomo sbagliato ne succederanno degli altri e forse uno di loro potrà aiutarla a riemergere, tra le mille difficoltà. Sono anni di sofferenza profonda, di disorientamento, di desiderio di scrittura che si perde nei meandri della mente stanca e deviata.

“Parlano dei loro dipinti, delle loro esposizioni e dei loro libri e declamano le poesie che hanno appena composto. Per me, la scrittura è un po’ come nell’infanzia: una cosa segreta e proibita, piena di vergogna, da fare di nascosto in un angolino, quando nessuno vede.”

“Dipendenza” è senza dubbio il capitolo più sofferto della trilogia, quello nel quale impariamo a conoscere la Tove adulta che mantiene uno stretto legame con l’infanzia ma che si rende conto di quanto le cose siano cambiate e di quanto si senta quasi costretta a volersi sposata, con dei figli, a condurre una vita simile a quella della madre.

“Penso al fatto che abbia dato alla luce dieci figli, perché il marito voleva che la culla non restasse mai vuota e nessuno si preoccupava di chiederle cosa ne pensasse lei.”

Tove Ditlevsen
Era un mondo non pronto per lei o forse era lei, donna artista, a non essere pronta per quel mondo. Di certo non era pronta per le battaglie che avrebbe dovuto combattere, per quegli amori tormentati che avrebbero dovuto arricchirne l’esistenza.

Dopo “Infanzia” e “Gioventù” “Dipendenza” ci trascina in un viaggio in ciò che lei non avrebbe mai voluto, ci sconvolge e ci mostra il lato più intimo e crudo della scrittrice danese, tra uomini banali e distruttivi, amicizie importanti, aborti, bambini, disagio mentale e l’abisso dal quale tutte noi tentiamo di stare lontane, non sempre con successo.

Il capolavoro di una donna solamente ora riscoperta in Italia, grazie alla Fazi, da non dimenticare, da osservare e ammirare con profondo realismo, lucidità ed attualità, e della quale ci auguriamo di poter leggere presto dell’altro.

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