“Forse lassù, mi dicevo, avrei potuto vedere il Tibet che non esiste più, che nessuno di noi potrà più vedere: ecco il viaggio che desideravo per i miei quarant'anni, adatto a celebrare l’addio a quell’altro regno perduto che è la giovinezza.”
Vi è mai capitato di
essere attratti da libri di scrittori che però non vi convincono? Di quelli che
mettono dei contenuti particolari nei loro scritti ma poi si comportano in
maniera differente? In pratica libri di persone che ‘predicano bene ma razzolano
male’?
Per quanto mi riguarda è il caso
di Paolo Cognetti, scrittore venuto alla ribalta con “Le otto montagne”,
vincitore del Premio Strega” e autore di “Senza mai arrivare in cima. Viaggio
in Himalaya” (Einaudi, 2018) pubblicato nel periodo natalizio.
Ho adorato “Le otto
montagne” seppure con la consapevolezza (confermata da una presentazione del
libro con lo scrittore presente) che non si trattasse di qualcosa di
particolarmente originale visti i vari riferimenti al “Walden” di Thoureau o al
più noto “Nelle terre estreme” (da cui il film “Into the wild”) di Krakauer.
La scrittura è davvero
bella, trascinante, forse anche per via del periodo storico così frenetico nel
quale stiamo vivendo ma per qualche motivo Cognetti non mi convince. Forse
perché non è quell'eremita che vuol far credere, o così si descrive, nei libri,
forse perché anche quest’ultimo è una sorta di rielaborazione del romanzo
precedente e di suoi resoconti di viaggio già pubblicati.
In ogni caso anche “Senza
mai arrivare in cima. Viaggio in Himalaya” mi ha convinto e rapito, nonostante
tutto, nonostante l’autore. Si racconta il viaggio di Cognetti tra Nepal e
Tibet e, anche grazie ai disegni, è un po’ come essere in quel gruppo che tenta
di conquistare la montagna, senza mai arrivare in cime ma abbracciandola da
ogni lato e comprendendo ogni suo abitante vivente.
Paolo Cognetti |
“Kora in tibetano,
circumambulanzione in italiano: i cristiani piantano croci in cima alle
montagne, i buddisti tracciano cerchi ai loro piedi. Trovavo della violenza nel
primo gesto, della gentilezza nel secondo; un desiderio di conquista contro uno
di comprensione.”
La montagna è viva sotto
gli sguardi di chi la sente realmente, nasconde emozioni, sensazioni, demoni e
spiriti di altri mondi.
Ritroviamo anche Remigio,
vero amico e vero eremita di ogni storia di Cognetti, l’amico dell’anima,
quello con il quale non sono necessarie troppe parole.
“Senza mai arrivare in
cima. Viaggio in Himalaya” è il viaggio che Cognetti compie per inaugurare i
quaranta anni ed accogliere un nuovo percorso della propria esistenza.
“Ecco il quarto
animale-guida, pensai: un leopardo, un lupo, un cane, una lepre.”
Non importa in questo
caso chi sia l’autore, perché rileggerei questo libro e lo consiglio a coloro
che vogliono perdersi in luoghi e culture lontane, che vogliono credere che vi
sia qualcosa di superiore nella natura, quella vissuta profondamente, con
sincerità, grati della sua magnificenza.
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