martedì 29 gennaio 2019

“L’aggiustacuori” testo di Arturo Abad e illustrazioni di Gabriel Pacheco: quando il sacrificio non basta


“Mattia aggiusta cuori. Nella stufa a legna del suo laboratorio scalda i cuori gelidi e, con un ago d’argento, ricuce quelli infranti. Con pinze intrise d’oblio regola l’ora di chi è rimasto indietro perché non si rattristi sui ricordi del passato. Quando giunge la notte, e il silenzio dei sognatori avvolge la città, dal laboratorio escono suoni misteriosi, perché… Mattia ha un segreto.”
Mattia è un giovane ragazzo che trascorre il tempo a lavorare nel suo laboratorio. A differenza di quanto si potrebbe pensare non ripara scarpe, non fa il fabbro, non costruisce giocattoli ma aggiusta cuori, con la maestria di un artigiano di talento ed esperienza. Cuori infranti, cuori privi di calore, cuori insensibili. 

Ha però un segreto: dentro ogni cuore mette anche un pezzettino del suo. Poi ogni primavera va a trovare Beatrice, che vive sulla montagna bosco e del quale è innamorato. Ha per lei un regalo ogni anno ma lei lo respinge e non lo degna neppure di un saluto, fino al tragico epilogo che porta lei ad un gesto inaspettato.

“L’aggiustacuori” (Logos Edizioni, 2011, traduzione di Antonella Lami) è un libro molto particolare scritto da Arturo Abad (autore anche di “Zimbo” insieme a Joanna Consejo) e illustrato da Gabriel Pacheco (messicano, classe 1973).

Il principio della storia è davvero bello e le illustrazioni sono davvero bellissime, con quei colori caldi e quei tronchi di alberi foderati con diverse trame polemiche.

Ciò che sfugge è però l’intento dell’autore: cosa voleva comunicare con questa storia?
Arturo Abad

Perché lui si sacrifica ma lei continua a rifiutarlo? E perché lei si impossessa di qualcosa di non suo nonostante continui a negarsi? Forse lui è dalla parte giusta e lei in quella sbagliata?

La forza drammatica non manca ma sfocia a un certo punto quasi nel macabro rendendolo un libro poco adatto ai più piccoli, non che nessuno avesse detto il contrario in ogni caso.

Come definirla però, una storia romantica? Un racconto poetico? Non so, non è facile dirlo, so solo che si rischia di cadere verso cliché pericolosi e poco educativi.

Pensiamo solamente alle classiche, purtroppo, storie di femminicidio. Lui (secondo la sua mente malata) si sacrifica per lei, lei però non capisce, non fa abbastanza, tenta di staccarsi da lui ma alla fine sappiamo bene come finisce.

Dubito che Abad volesse trasmettere un messaggio di questo tipo ma oggi più che mai è importante prestare attenzione a ciò che si scrive, naturalmente con la piena libertà di scrivere ciò che si vuole, e… a ognuno la sua interpretazione!


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