giovedì 15 marzo 2018

“Il tempo degli amaranti” di Antonio Mocciola: la sofferenza e il timore di rivelare se stessi


Il tempo degli amaranti, Antonio Mocciola
“Spense la luce e si avvicinò al suo corpo addormentato, immaginandoselo al buio. Lui dormiva, e Silvana rimase a vegliarlo mentre i minuti passavano. Sentiva il suo respiro regolare, impercettibile, il movimento del lenzuolo leggero che seguiva il battito del cuore. Aveva sempre freddo, Alberto, pure d’estate. E si copriva tutto, fino al mento. A Silvana sembrava una negazione, una protesta verso di lei. Ne parlava con le amiche: è timidezza, sentenziavano. E così di notte faceva l’amore con lui accanto, senza di lui.”
Napoli, anni ’50. Alberto e Silvana si conoscono da sempre e la loro unione è ormai divenuta quasi un’abitudine per tutti. Il matrimonio e la nascita di un figlio sono gli esiti naturali di tutto ciò ma Alberto continua ad essere tormentato da quella madre sempre in pena per il marito scomparso tanti anni prima e dalla sorella maggiore che ha preferito farsi suora anziché affrontare quella vita che per lei era diventata troppo pesante. 

Fino a quando non decide di confessare a se stesso ciò che ormai aveva compreso da tempo, ossia che a lui piacciono gli uomini e non le donne. Ora tutto potrebbe essere più semplice, sarebbe sufficiente abbandonare quella vita imposta per potersi esprimere al meglio, ma le complicazioni non hanno mai fine: chissà se Alberto avrà il coraggio di compiere quel passo e se il lui dal quale è attratto lo corrisponde.

Il tempo degli amaranti” (Milena Edizioni, narrativa LGBT, con una prefazione di Claudio Finelli) è l’ultima pubblicazione di Antonio Mocciola, scrittore, giornalista pubblicista, conduttore e autore radiotelevisivo napoletano classe 1973, un romanzo che potrebbe essere definito rosa ma che è molto di più.

È la storia di un pezzo di Italia che, nonostante la sua bellezza, faceva tanta fatica a comprendere situazioni simili a quella raccontata qui. 

L’omosessualità, così come l'eterosessualità è sempre esistita ma ci sono voluti millenni perché si cominciasse a non considerarla una malattia e a smettere di sentirsi in colpa per una tendenza sessuale differente.

L’amaranto, il fiore che secondo la tradizione greca non appassisce mai, è il protagonista di
questa storia permeata da una tensione e da una inquietudine che non ha fine.
Antonio Mocciola


Un romanzo che si legge tutto d’un fiato, che appassiona, che fa riflettere e riporta a tempi e mentalità purtroppo, in alcuni casi, non troppo lontane da noi. Un protagonista maschile con una serie di donne, tutte importanti, nello sfondo.

È una storia di amore, amore per la vita che in alcuni casi manca, è la storia di formazione di un ragazzo prima e uomo poi alle prese con scelte per nulla semplici. 

È la sua difficoltà a guardare la propria realtà con occhi sinceri, influenzato dai pensieri degli altri e dal timore di deludere tutti.

“Quando dalla finestra aperta la luce furibonda dell’alba si rovesciò nella stanza, i due uomini si svegliarono contemporaneamente, bianchi tra le lenzuola bianche, naufraghi in porto.”

È anche un romanzo ricco di speranza e con un messaggio molto importante, quello di non smettere mai di dedicarsi a se stessi, di coltivare le proprie aspirazioni e soprattutto il proprio modo di essere, in ogni piccola sfumatura.

Una storia da leggere senza paura per provare a capire, per comprendere che l’amore non ha limiti e che in fondo i sentimenti sono tutti uguali, proprio come la sofferenza di un uomo e di una donna.

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