lunedì 4 dicembre 2017

“Cattiva fede” di Ken Follett: il lungo viaggio tra sette, proibizioni, ateismo e scrittura

Cattiva fede, Ken Follett
“Mi sono bastati tre anni per diventare ateo, ma ho speso il resto della vita per ritrovare, grazie a un improbabile girotondo, una qualche forma di spiritualità.”
Chi non conosce Ken Follett, tra i più noti giallisti britannici, e chi non ha letto almeno uno dei suoi libri! Forse il primo titolo che gli si associa è “I pilastri della terra” ma vogliamo non citare “Il codice Rebecca”, “La cruna dell’ago”, “Alta finanza” o “Sulle ali dell’aquila”?

Uno scrittore la cui penna pare inesauribile, ma vi siete mai domandati come sia giunto a tutto ciò o avete mai letto qualcosa riguardo la formazione spirituale e la sua famiglia?

Cattiva fede” (EDB, Edizioni Dehoniane Bologna, 2017, prefazione di Alessandro Zaccuri) è un interessantissimo libretto, all'interno del quale è presente anche il testo originale in inglese, che riporta il memoir pubblicato nel 2016 sulla rivista londinese Granta.

Il tema è proprio la religione e se ne parla prendendo in considerazione quelle associazioni o gruppi che si definiscono sette. Ken Follett racconta della sua esperienza tra i Playmouth Brethren di Cardiff, sua città natale.

Follett era un bambino e come tutti in quel periodo della vita sottostava ai voleri dei genitori: anni di proibizioni, di allontanamento da quelli che venivano definiti piaceri. Niente cinema, niente teatro, niente libri con tematiche che svelassero il mondo reale.

Ken Follett
Ma sempre che non si rinchiuda una persona in uno spazio chiuso è impossibile non venire a contatto con ciò che si tenta di negare e lo stesso fu per Ken Follett.

Anni non certo semplici che lo portarono ad un ateismo molto particolare che si porta dietro, ancora oggi, il piacere di andare in chiesa.

Bad faith” parla di religione e di come questa lo ha forgiato, nel bene e nel male, del dolore provato che fu fonte di nuovi spunti e di una forza nuova che lo ha condotto a ciò che è e che scrive oggi.


Un’ottantina di pagine dense di riflessioni e di visioni inedite dello scrittore inglese. 

Una chicca per gli amanti di Follett e ancora di più per i lettori accaniti sempre in cerca di letture particolari. 

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