martedì 7 marzo 2017

“Sylvia” di Leonard Michaels: un memoir sul precipizio di amore e follia

Sylvia, Leonard Michaels
“La naturalezza del nostro essere insieme in quel momento mi fece riflettere: È questo l’amore? E, se ci si innamora di qualcuno, il sentimento per quella persona può mai finire? Sylvia si strinse al mio fianco tenendomi il braccio. Mi sentii sposato a lei per sempre, e immaginai che si aspettasse di passare la notte con me e di fare l’amore. Ogni volta che tornavo in città, trascorrevo qualche notte con lei. Ma non volevo passare la notte insieme. Non volevo fare l’amore.”
Leonard Michaels nacque il 2 gennaio 1933 a New York City da genitori ebrei polacchi. Si laureò alla New York University ed ottenne poi un dottorato in letteratura inglese. Successivamente a questo si trasferì a Berkley nella cui università divenne professore di letteratura. Scrisse diverse raccolte di racconti, saggi e due romanzi. Morì in California nel maggio del 2003 all'età di settanta anni.

Il primo romanzo venne pubblicato nel 1981 (“The Men's Club”), mentre il secondo, “Sylvia”, nel 1992. È proprio di quest’ultimo che vi voglio parlare.

Mi ci sono imbattuta quasi per caso e dopo aver curiosato nella trama, e considerando che raramente le pubblicazioni della Adelphi deludono, non ho potuto far altro che leggerlo.

“Sylvia” (Adelphi 2016, traduzione di Vincenzo Vergiani) narra alcuni anni di vita dell’autore, quelli successivi alla laurea in letteratura durante i quali, tornato nella New York che l’aveva visto crescere, indeciso sul futuro e dedicandosi al dolce far niente, conobbe Sylvia Bloch, una ragazza tanto affascinante quanto enigmatica.

Le loro furono giornate, mesi e poi anni di convivenza caratterizzata da lunghe giornate d’amore lascivo, di ore trascorse a sognare, di voglia di perdersi nel piacere.

Erano anno critici per i giovani americani, e non solo. Si inseguivano eroi da venerare, libri che potessero essere di ispirazione, Elvis Presley e la Beat Generation predominavano e venir trascinati dal desiderio di scrivere e vivere di questo era diventato piuttosto comune.
Leonard Michaels

Ma ogni medaglia ha il suo rovescio e le cose cominciarono a cambiare quando i baci divennero grida e le tranquille ore a scrivere incubi quotidiani. La follia divenne un’abitudine, gli sbalzi di umore di lei, l’allegria improvvisa, l’andirivieni di sentimenti al limite con la violenza fisica.

Sylvia era complicata anche per se stessa probabilmente, una donna che amava lasciarsi trascinare dalla mode, dalle droghe e da chi le capitava sotto tiro. Le esperienze forti riuscivano a farla sentire viva, pur essendo morta dentro da chissà quanto tempo. Sylvia che aveva ripreso a studiare, Sylvia che amava e odiava con la stessa intensità e che proprio per questa ragione è difficile da dimenticare.

“Sylvia” è intenso e crudele, forte e poetico e alla fine ci si domanda cosa davvero vi fosse dietro la sua storia. Un disagio psichico? Un passato turbolento? Forse aveva solamente bisogno di essere amata in modo incondizionato? 

E lui, Leonard Michaels, quanto è stato realmente influenzato da lei? È vero, ha deciso di ricordarla in un libro, ma non sarà stato un volerla intrappolare ancora una volta?

Sarebbe stato bello poter leggere anche il suo punto di vista, se solo non vi fosse stato un termine così rapido per la sua fragile esistenza.  




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