Le otto montagne, Paolo Cognetti |
“Erano i posti dove si erano innamorati, dopo un po’ lo capii anch’io: fu un prete a portarceli da ragazzi e fu lo stesso prete a sposarli, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, davanti alla chiesetta che c’è lì, una mattina d’autunno. Quel matrimonio di montagna era il mito fondativo della nostra famiglia. Osteggiato dai genitori di mia madre per motivi che non conoscevo, celebrato tra quattro amici, con le giacche a vento come abiti nuziali e un letto al rifugio Auronzo per la prima notte da marito e moglie. La neve brillava già sulle cenge della Cima Grande. Era un sabato di ottobre del 1972, la fine della stagione alpinistica per quello e molti anni a venire: il giorno dopo caricarono in macchina gli scarponi di cuoio, i pantaloni alla zuava, la gravidanza di lei e il contratto di assunzione di lui e se ne andarono a Milano.”
Negli ultimi due mesi del
2016 si è tanto parlato di questo romanzo, in ogni rivista, più o meno
letteraria, se ne sono tessute le lodi ed è stato definito uno dei migliori
libri dell’anno appena trascorso. Non amo mai leggere troppo su di un libro,
principalmente per la paura che ne vengano svelati dettagli importanti, ma a
primo acchito ebbi l’impressione di trovarmi di fronte all’”Into the wild” (film
e romanzo di Jon Krakauer, in Italia per Corbaccio, 2008) italiano. Ma poi ho
intuito che vi era dell’altro e per esserne sicura non dovevo fare altro che
leggerlo. E così ho fatto!
“Le otto montagne” (Einaudi,
novembre 2016) è la storia di una famiglia, quella di Pietro, che dalla
montagna dovette trasferirsi in città, in quella Milano che tra gli anni
Settanta e Ottanta mostrava, in quanto a grigiore, il peggio di sé e non era
semplice abituarcisi per chi lì non ci era nato. Poi però ecco la scoperta di
Grana, un paesino ai piedi del Monte Rosa.
Quel luogo lì attendeva con ansia da
sempre ed è così che anche Pietro, fin da piccolo, cominciò ad amare la
montagna e a comprendere ciò che legava il padre e la madre ad esso. Il padre
in particolare lo porterà ad esplorare le cime più alte nonostante il loro
rapporto sempre in bilico tra amore ed incomprensioni. Un padre avido di
parole, in netto contrasto con la madre che sulla socializzazione aveva basato
la propria vita.
E poi l’amicizia con Bruno, un amicizia al maschile, che raramente
in letteratura troviamo rappresentata in maniera così realistica, che non avrà
mai fine, nonostante le poche parole, i tanti sguardi e le lunghe lontananze.
Paolo Cognetti |
“Le otto montagne” non è
un libro per esperti di montagna, per quanto potrà appassionare chi lo è, ma una
bellissima storia di formazione che si intreccia con i vissuti dell’autore
Paolo Cognetti.
È sufficiente visitarne il blog per accorgersi quanto di lui ci sia in questo romanzo tanto semplice quanto
poetico che in alcuni momenti, forse per il carattere del protagonista, nonostante
si tratti di storie differenti, ricorda “Atti osceni in luogo privato”
(Feltrinelli, 2015) di Marco Missiroli.
Ed è proprio nel blog che
ne narra la genesi:
“Ero in cerca del mio Due
di due e del mio Narciso e Boccadoro, del mio In mezzo scorre il fiume e del
mio Gente del Wyoming. E quel giorno, nel Vallone della Forca, andando dietro
al mio amico fuori dal sentiero, mi ricordo di aver pensato: ma ce l'hai già,
questa storia, è tutta qui, non la vedi? La devi solo raccontare.”
“Le otto montagne” è la
ricerca di se stessi con lo sfondo di un paesaggio che trasmette una profonda
sensazione di libertà, è la difficoltà a relazionarsi con gli altri, la paura
di soffrire, la voglia di scoprire cosa ci riserverà il futuro seguendo quel
fiume che scorre inesorabile proprio come la vita.
Insomma, duecento pagine
molto piacevoli e a tratti commoventi delle quali godere nei momenti di relax della
giornata e forse, perché no, un invito a riscoprire quei luoghi, come la montagna,
che hanno tanto da offrire anche a chi ancora non li conosce.
Wow Molto interessante! :) Penso che piacerebbe anche al mio ragazzo!
RispondiEliminaE spero piaccia anche a te! :-)
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