mercoledì 16 luglio 2025

“Pesca estiva in Lapponia” di Juhani Karila: un luccio, un giallo, un balorso tra stagni e folclore lappone

Pesca estiva in Lapponia, Juhani Karila

“A quel punto, all’altra estremità dello stagno si materializzò Näkki. Sorse dall’acqua lentamente, come un’antica statua rivelata dalla marea. Bello come un dio greco. Elina sapeva che Näkki assumeva sembianze maschili, femminili o androgine a seconda della persona che voleva attrarre. Chiunque commettesse l’errore di guarda i suoi occhi vi si perdeva.”

Elina Ylijaako giovane donna, torna ogni estate nella sua terra di origine ma stavolta ha un unico pensiero: catturare quel luccio, non uno a caso, entro il 18 giugno. Il luccio non abbocca e il tritone Näkki, dio delle acque capace di far innamorare perdutamente chiunque lo guardi negli occhi, è deciso a ostacolare Elina. A complicare la situazione l’arrivo in paese della detective finlandese Janatuinen, che sta indagando proprio sul suo conto e che non è abituata ad un luogo che sembra autogovernarsi.

Ben presto scoprirà che la famiglia Ylijaako non gode affatto di una buona reputazione e decide di accertarsene di persona. A farle compagnia un enorme balorso che la seguirà ovunque andrà. Ma perché Elina vuole catturare a tutti i costi il luccio? Forse ha a che fare con il suo passato? 

La Lapponia orientale è una terra selvaggia, ricca di laghi e paludi, la terra dei sami, di tradizioni antiche, di una mitologia per la quale la natura non doveva essere disturbata o distrutta senza motivo e non sorprende che una storia così originale e divertente venga ambientata proprio qui.

Pesca estiva in Lapponia” (Fazi Editore, 2025, traduzione di Delfina Sessa) è l’esordio letterario del finlandese Juhani Karila.

Ciò che inizia in modo strano, con questa donna che sta impazzendo per un luccio di stagno, prosegue poi con una storia molto bella che vede Elina silenziosa e solitaria a causa di una storia d’amore non finita come avrebbe sperato. I ricordi rischiano di ammazzarla, così come la maledizione che incombe su di lei ma c’è chi le vuole bene e riceverà aiuti inaspettati tra dei furiosi e accuse più o meno fondate.

“Era maggio, e la neve ancora resisteva nei fossi e ai bordi delle case, dove d’inverno era stata raccolta in grandi cumuli. Intorno a quelle montagnette gorgogliavano senza sosta rivoli e rivoletti d’acqua. I fringuelli cinguettavano sui pini, sui campi imperversavano i chiurli. Dalle grondaie cascavano grosse gocce d’acqua sfavillanti, ma Elina non sapeva ancora che da quel momento in poi lo scorrere dell’acqua e i versi degli uccelli le avrebbero riportato alla mente quei giorni felici.”

Oltre trecento pagine che ci portano nel suggestivo paesaggio lappone, tra leggende e credenze a noi sconosciute. La storia è surreale ma realistici sono i sentimenti della protagonista e la sua adolescenza.

“Figlia insignificante di una casa insignificante. Però è nata nel bel mezzo di un temporale e perdipiù in un punto del pianeta dove le creature fantastiche migravano tra i mondi e facevano volare scintille.”

Juhani Karila
Realismo fantastico, magia e giallo si alternano in un romanzo davvero bello, particolare e divertente. Provate a immaginare una finlandese sempre vissuta in città che finisce in un paese lappone con una specie di grosso orso che la segue persino nella sua piccola utilitaria: già solo questo fa ridere per la sua assurdità.

“Osservò la luce argentea della notte degli spettri
illuminare a poco a poco le pareti e accolse la paura che filtrò nella stanza insieme alla luce, perché la paura era un’alternativa auspicabile al malessere. Senza neppure andare alla finestra sapeva che dall’altra parte c’erano i suoi genitori che guardavano dentro, nella casa che era stata loro.” 
 

Aggiungete una storia d’amore ed un contesto affascinante con una natura rigogliosa e una volta letto non vi scorderete più di questo libro. Anche perché, purtroppo, di scrittori finlandesi tradotti in Italia, ce ne sono ancora troppi pochi. Ma ogni volta è una garanzia di originalità e di umorismo.

“Dall’altro lato della strada, nel piazzale della stazione di servizio, c’era un’anziana con le braccia abbandonate lungo i fianchi che pareva imbambolata. L’agente si domandò per quale motivo in Lapponia si vedessero in giro poche persone alla volta. Come se, per uscire di casa, bisognasse aspettare il proprio turno.”

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lunedì 14 luglio 2025

“Il giorno dell’ape” di Paul Murray: il disfacimento di una famiglia tra follia e finto perbenismo

Il giorno dell'ape, Paul Murray

“Prima di diventare padre, Dickie si immaginava che crescere un figlio fosse una versione più impegnativa di dell’avere un animale domestico. Un bambino, pensava, era una creatura essenzialmente passiva, un recipiente da riempire con il tuo amore. Quelle era almeno l’impressione che se ne ricavava dalla tv.”

La famiglia Barnes sembrava perfetta prima che il padre, Dickie, portasse al fallimento la concessionaria affidatagli dal padre. Questo è sufficiente a creare un disequilibrio che potrebbe non risolversi mai: Imelda, la moglie, ha iniziato a vendere gioielli e mobili per guadagnare qualche soldo, la povertà vissuta fino a poco prima del matrimonio la spaventa; Cass, la figlia più grande, prima della classe, sta precipitando e crede che potrà più frequentare l’università a Dublino; PJ, il figlio dodicenne, improvvisa vittima di bullismo, tenta la fuga da casa per cercare di risolvere la situazione.

Cosa accadde veramente il giorno dell’ape? E siamo sicuri che il problema sia il tracollo lavorativo di Dickie? Come si è arrivati a tutto questo?

“Il giorno dell’ape” (Einaudi, 2025, traduzione di Tommaso Pincio), libro dell'anno per «The New York Times», «The Guardian», «The Washington Post», «The New Yorker», «The Economist». Finalista al Booker Prize, vincitore dell'Irish Book of the Year, del Nero Book Award per la narrativa e del Premio Strega Europeo 2025, è l’ultimo romanzo di Paul Murray, scrittore irlandese classe 1975.

Un romanzo il cui successo è innegabile ma i cui pareri sono spesso contrastanti, talvolta, a mio parere, a causa di una non comprensione dell’intento dell’autore e delle psicologie dei personaggi.

I capitoli, dedicati ai singoli personaggi, si alternano ed ognuno presenta caratteristiche differenti e personali. Lo stile resta lo stesso ma, per fare un esempio, quando la protagonista è Imelda, dal passato difficile e con il desiderio di cambiare radicalmente vita, la punteggiatura sparisce e tutto diventa un flusso di coscienza che ha fine solo con il termine del capitolo. Ciò non rende meno piacevole la lettura né la appesantisce ma ci permette di immedesimarci ancora di più in questa donna, ora madre e moglie, le cui origini non smettono di avere un peso non indifferente.

“Le dispiaceva anche per l’ape. Le api stavano morendo ovunque, in tutto il mondo: PJ ne parlava di continuo. Nessuno conosceva la causa, ma era un male perché le api portavano il polline di pianta in pianta e, senza di loro, anche la natura sarebbe morta.”

“Il giorno dell’ape” è anche un mistero nel momento in cui Cass viene a sapere che il matrimonio della madre non andò come doveva a causa di un’ape e con il coinvolgimento di uno zio, fratello del padre, del quale lei ha sentito parlare solo in rarissimi casi.

Siamo in un’Irlanda con i suoi traumi, con le sue università prestigiose e la vita non sempre semplice ed era quasi d’obbligo, tra le oltre settecento pagine, ricordare l’orrore delle Case Magdalene.

“Facevano parte del convento, un tempo; per sessant’anni ci avevano mandato le ragazze che avevano <<smarrito la retta via>>, per tenere la comunità al riparo dai loro comportamenti peccaminosi. Alcune non ne uscivano più; passavano la vita dietro quelle alte mura grigie a lavare lenzuola dei preti e delle suore in punizione per i loro vecchi peccati. Erano tutte morte adesso.”

Paul Murray
I fatti che accadono sono davvero tanti e anche quando si parla della routine dei protagonisti c’è sempre qualcosa di intrigante che ci fa andare avanti con curiosità. 

“Quando chiedevano a Frank cosa volesse fare da grande, lui diceva: Il criminale, e tutti ridevano. Dickie si sentiva oscurato dal fratello. Frank era il preferito di papà; Frank era il preferito di chiunque, madre a parte, che ovviamente preferiva lui solo per pietà, per cui con contava.”

Gelosie tra fratelli, sessualità incerte, drammi familiari, tresche più o meno nascoste, violenza domestica, povertà e ricchezza, il fascino di Dublino e quello contrapposto delle zone rurali di un’Irlanda sempre meravigliosa.

Un romanzo che ho amato, ben scritto, che rileggerei e che non sarà semplice dimenticare.

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