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La mia Ingeborg, Tore Rengberg |
“L’amavo in maniera totale, come nessun altro uomo ha mai amato una donna e maledico le forze demoniache che me l’hanno portata via.”
Sono ormai trascorsi anni dalla scomparsa di Ingeborg, un giorno il marito, Tollak, tornò a casa e non la trovò. La cercarono tutti per i boschi che lei attraversava durante le lunghe camminate ma nessuna traccia fu trovata.
“La mia Ingeborg” (Fazi Editore,
febbraio 2024, traduzione di Margherita Podestà Heir) è il lungo racconto di
Tollak che finalmente ha deciso di parlare e di far sapere ai suoi figli, ora
lontani da casa dopo un’infanzia complicata, e al mondo cosa è accaduto
realmente.
Un uomo ormai vecchio e
solo che trovava il suo equilibro in quella moglie tanto desiderata e amata,
nonostante la rabbia e il disprezzo nei confronti degli altri e di quel mondo
che non è più come lo conosceva lui.
Quella che leggiamo è
tutta la verità o solamente la sua? E chi in realtà Oddo, accolto da quella
famiglia in seguito all’abbandono da parte della madre, lo scemo del villaggio,
l’unico che è rimasto con Tollak?
Una storia oscura, un
personaggio complesso e distruttivo, un thriller non-thriller che fa
riflettere, disgustare e fortemente attuale.
“All’improvviso era
arrivato il periodo buio. Si era insinuato come fa la bruma notturna quando
cala sui campi.”
Una lettura trascinante,
a tratti inquietante, a tratti toccante, impossibile ad un certo punto non
chiedersi se siamo più interessati a scoprire che fine ha fatto Ingeborg o alle
tenebre che dominano pensieri e azioni di Tollak.
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Tore Rengberg |
“Novembre era agli
sgoccioli. Mi ero diretto verso la lampada, quella che Ingeborg accendeva
sempre dopo cena, quella sotto cui sedeva tutti i giorni, con i suoi libri, i
suoi giornali, era una donna che leggeva.”
Redenzione o desiderio di
essere protagonista ancora una volta, per l’ultima volta, in quella che nasce
come storia d’amore e si trasforma in inferno?
Premiato come miglior libro dell’anno dai librai norvegesi, “La mia Ingeborg” spiazza e colpisce per la forza della scrittura e la potenza del linguaggio adoperato.
In poche
parole, terribile e bellissimo.
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