La felicità domestica, Lev Tolstoj |
“Avrei voluto non uscire da questa cameretta mai, non avrei voluto venisse mattino, non avrei voluto dileguasse questa mia atmosfera d’anima che mi teneva avvolta. Sogni e pensieri e preghiere parevano vive esistenze, qui nelle tenebre viventi con me, aleggianti attorno al mio letto, soprastanti a me. E ciascun pensiero era pensiero di lui: ciascun sentimento, sentimento di lui. Ancor non sapevo essere questo l’amore: io lo credevo possibile sempre così, gratuitamente largito, così.”
Di libri se ne leggono tanti:
spesso ci si indirizza verso le nuove uscite e talvolta si viene attratti dai
successi internazionali. Ma il vero lettore non manca di tornare ai classici e
a quegli autori che sempre faranno parte dell’Olimpo della letteratura. E così
perché non dedicarsi alla lettura di un romanzo poco noto (almeno in Italia)
del grande Lev Tolstoj?
Si tratta de “La felicità
domestica”, scritto nel 1859 (solo tre anni prima Flaubert scriveva “Madame
Bovary) dall’autore russo e ripubblicato ora dalla Fazi Editore (traduzione e
note di Clemente Rebora) con una copertina davvero bella e fresca. Sì, perché
nonostante la storia sia ambientata in anni ben lontani dai nostri questa mantiene
una freschezza ed un’attualità che colpiscono subito.
Maria ha diciassette anni
e una sorella più piccola, Sonia. Di recente hanno perso la madre e il padre le
ha lasciate anni prima. Con loro vive Katia, una vecchia amica di casa e lieto
è il giorno in cui Serghièi Mikhàilic torna a far loro visita. Egli è un vicino
e amico del padre, quasi quarantenne, tutte gli sono affezionate e la sua
presenza le aiuta a dimenticare i dispiaceri.
Lui non è sposato e lei ricorda
quando il padre affermava che si sarebbe augurato per lei un marito così. Maria comincia a prendere dimestichezza con questa idea, nonostante lui le ricordi la
loro differenza di età, fino a quando anche Serghièi si ritrova innamorato di lei e
si sposano. Lei è giovane e sognante e il matrimonio, con tutto ciò che
comporta, sempre ricordando la loro agiatezza, la porta a scontrarsi con la
realtà, a crescere davvero per la prima volta e acquisire maggiore
consapevolezza, pagando le conseguenze dei suoi comportamenti.
Lev Tolstoj |
“La felicità domestica” è
l'intensa storia di una ragazza che si fa trascinare dalla giovane età e prende perciò
decisioni non troppo ponderate, così come lo saranno poi i suoi comportamenti.
Ha la fortuna di avere un marito buono ma ben presto si fa trascinare dalla
vita mondana, dalle lusinghe, da un’idea di amore che esiste solamente nella
sua mente
A narrare la storia in prima
persona è la stessa Maria che di pagina in pagina si rende conto di ogni sua
azione e le sue parole vogliono quasi essere da monito per i lettori inesperti
come lei stessa si mostrò in gioventù.
Sì, erano altri tempi, i
matrimoni tra persone con una certa differenza di età rappresentavano quasi la
norma, ma allora le donne erano coloro che si dovevano occupare del
focolare e dei figli. Maria, una tra queste, tenta in qualche modo di
ribellarsi, ma non è semplice, le manca la necessaria esperienza, si adagia e la noia
persiste nella sua esistenza.
Gli scenari, la campagna
russa e le case di cura europee, sono splendide, così come i bellissimi vestiti
indossati e le immagini dei balli ai quali partecipavano solamente gli eletti.
E la rappresentazione della vita coniugale è quanto mai realistica e pervasa da quegli aspetti oscuri e talvolta inquietanti che possiamo a ragione trasporre ai nostri tempi.
“Ci andammo: e il piacere ch’io ne provai, superò ogni mia aspettazione. Qui, più ancora di prima, ebbi il senso di essere io il centro attorno a cui tutto movesse, e che per me soltanto avessero illuminato questo salone, e la musica sonasse, e si fosse data ritrovo questa folla di gente, in visibilio per me. Tutti, a cominciar dal parrucchiere e dalla cameriera fino ai danzatori e ai vecchi, che s’incrociavano per la sala, pareva mi dicessero e dessero a vedere di amarmi.”
Link per l’acquisto qui
Nessun commento:
Posta un commento