“Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell'appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto - gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole - è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.”
Una frase forte, un
incipit che fa presagire una storia intensa, non semplice. Ma fermarsi qui
senza andare oltre sarebbe stato sbagliato e riduttivo e mi sono così ritrovata
tra le pagine del nuovo libro di Elena Ferrante, la mia prima lettura di questa
misteriosa autrice, o, chissà, autore.
“La vita bugiarda degli
adulti” (Edizioni e/o, novembre 2019) è la storia di Giovanna, una ragazzina in quell'età della vita nella quale non si è né carne né pesce, nella quale
un’affermazione come quella del padre può sconvolgere e sedimentarsi nella
mente e nel corpo per sempre. Sono anni di apparente felicità, di illusione
infantile, di scoperta di ciò che il mondo degli adulti, a lei ancora
sconosciuto, nasconde.
Poi l’incontro con Vittoria, la sorella del padre
rifiutata e denigrata, in quella casa di una Napoli periferica, trascurata,
così rude rispetto alla zona residenziale nella quale Giovanna vive. Ad aggiungersi
il divorzio dei genitori, improvviso ed inaspettato. E tutto cambia per il
sentore di qualcosa di più grande che forse accadeva da tempo. L’amore per il
padre si trasforma in sentimento negativo e quello per la madre diventa
indefinito. Forse c’è altro oltre questo ma lei fatica a capire, forse è ora di
crescere, di fare nuove esperienze, di staccarsi da quella vita e da quelle
persone.
“La vita bugiarda degli
adulti” comincia in modo forte e prosegue alla stessa maniera, tra gli alti e bassi
delle vicende dei protagonisti, in una Napoli diversa da quella che viene
raccontata solitamente, molto reale, così come lo sono Giovanna e Vittoria.
“Forse si spezzò in quel
momento qualcosa in qualche parte del mio corpo, forse dovrei collocare lì la
fine dell’infanzia. Di certo mi sentii come se fossi un contenitore di granuli
che in modo impercettibile cadevano fuori di me da una fessura minuscola.”
La prima potremmo essere
noi nella prima fase dell’adolescenza, ignare di gran parte del mondo e di come
questo funziona realmente. Insicure del nostro corpo, che ci pare deformato, e delle nostre sensazioni. E potremmo tornare indietro nel tempo, a quando
osservavamo e ascoltavamo senza troppo interesse i discorsi degli adulti. Ma
oltre a ciò quanto non ci veniva detto? Ed era moralmente corretto che fosse
così?
E quanto tra di loro, nel
mondo degli adulti, non veniva detto o veniva distorto?
“Cosa succedeva, insomma,
nel mondo degli adulti, nella testa di persone ragionevolissime, nei loro corpi
carichi di sapere? Cosa li riduceva ad animali tra i più inaffidabili, peggio
dei rettili?”
Oggi gli adulti siamo noi
lettori, siamo quindi noi i bugiardi?
Sono diversi i momenti di
riflessione in questo romanzo che scorre incessante e dirompente, impossibile
fermarsi senza provare il desiderio immediato di proseguire.
Elena Ferrante non si
sofferma in giri di parole, va dritta con incisione e forza.
Proprio come Vittoria,
delusa e ferita da una vita che non è stata come la desiderava e per questo
sempre scontrosa, schietta, dallo sproloquio facile.
Bello, intenso, crudo
fino all'ultima parola dell’ultima riga dell’ultima pagina.
Un romanzo di formazione,
ma non solo, da divorare, uno stile riconoscibile ed una storia il cui finale
fa bene sperare per un proseguo.
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