Locandina The Lumineers |
“Play the bugle, play the taps / Make your mothers proud / Raise your rifles to the sky boys / Fire that volley loud”. (Charlie Boy”, “The Lumineers”, 2012)
Una serata per pochi
eletti, il divieto di utilizzare fotocamere (solamente l’uso dei telefoni
cellulari è stato permesso, nonostante la gentile richiesta del cantante di
metterli via) una luna piena che ha illuminato palco e pubblico, tanta buona
musica ed un clima sereno e festoso. Questo, ma non solo, è stato il concerto de
The Lumineers, non il loro primo in Italia, svoltosi la sera del 20 luglio 2016
nella suggestiva location dell’Anfiteatro del Vittoriale a Gardone Riviera, Brescia, sulle sponde del Lago di Garda, nell’ambito del Festival Tener – a – mente, in
occasione dell’uscita del loro secondo album “Cleopatra”. Un’arena con appena 1470
posti disponibili, tutto sold out, un concerto piuttosto intimo durante il
quale tutti gli spettatori hanno potuto godere appieno dello spettacolo.
Una setlist regolare,
confrontata con quella di altri concerti, che ha visto The Lumineers iniziare con
“Sleep on the floor”, prima traccia del secondo album (“Cleopatra”) pubblicato
nel mese di aprile di questo 2016. “Ophelia” ha fatto cantare tutti, seguita
poi da “Flowers in your hair”, prima traccia del primo album (“The Lumineers”),
da “Ho Hey”, “Cleopatra” ed un susseguirsi di brani tratti dagli unici due
album da loro scritti fino ad ora, compresa una cover di Bob Dylan, “Subterranean
Homesick Blues”.
Se in passate esibizioni
erano soliti cantare una canzone tra il pubblico, stavolta l’hanno fatto con
“Where
the Skies Are Blue” nella parte centrale delle gradinate alte. Il passaggio del
trio americano (Wesley Keith Schultz, voce, chitarra, piano; Jeremiah Caleb
Fraites, batteria, percussioni, mandolino, voce, cori, glockenspiel; Neyla
Pekarek, violoncello, pianoforte, voce, basso, mandolino) tra le file degli
spettatori ha scaldato ancora di più la serata già di per sé rovente con i suoi
circa 30°C.
Sul palco sono stati supportati,
con non meno importanza e validità dei tre componenti principali, da Stelth
Ulvang (piano, fisarmonica, mandolino, tromba, trombone, contrabbasso, flauto,
batteria, banjo, clarinetto, chitarra, glockenspiel, cori) e Byron Isaacs (basso,
cori).
Un sound folk – rock che
subisce le influenze di diverse band di successo del genere, primi tra tutti
gli Arcade Fire (pionieri di un nuovo modo di esprimersi musicalmente, tra armonizzazioni
originali e la compresenza di diversi strumenti musicali, anche improvvisati), poi i Mumford & Sons, e
che riporta alle canzoni di Tom Petty, per il quale il frontman Wesley Keith
Schultz ammette la sua ammirazione, accomunato inoltre allo stesso da alcune
sfumature della voce.
Nonostante l’assonanza
con altri brani la loro musica ha un forte impatto: questo e la bellissima voce
di Schultz ha permesso di assistere ad un concerto che difficilmente poteva
deludere. Unica pecca la durata. Poco meno di un’ora mezza data anche dalla
presenza di soli due album e della brevità della tracce, tutte molto veloci.
Il pubblico ha dimostrato
di aver apprezzato l’intensa serata musical e siamo certi che lo stesso dall’alto
avrà fatto D’Annunzio, il padrone di casa di quella splendida dimora che è il
Vittoriale.
LA SCALETTA DELLA SERATA:
- Sleep on the Floor
- Ophelia
- Flowers in Your Hair
- Ho Hey
- Cleopatra
- Classy Girls
- Dead Sea
- Charlie Boy
- Where the Skies Are Blue
- Subterranean Homesick Blues (Bob Dylan cover)
- Slow It Down
- Submarines
- Gun Song
- Angela
- Big Parade
- My Eyes
- Long Way From Home (solo Wesley)
- Scotland
- In the Light
- Stubborn Love
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